Sud Sudan, lo Stato numero 193

Loading

Dopo due guerre civili, sei anni di pace e un referendum per l’autodeterminazione svoltosi lo scorso gennaio, la regione meridionale di quello che fino a ieri sera era lo stato più grande dell’Africa è diventata la Repubblica del Sud Sudan.
Le celebrazioni ufficiali si sono svolte presso il mausoleo di John Garang, leader storico del movimento ribelle sudsudanese durante la seconda guerra civile contro il Nord (1983-2005).
C’è anche Bashir
Decine di delegazioni – «dall’Africa, dall’Oceania, dal Medio Oriente, dalle Americhe, dall’Asia e dall’Europa», come ha ripetuto il cerimoniere Pagan Amun, ministro per la pace a Juba e segretario generale del Movimento per la liberazione popolare del Sudan (Splm), gli ex ribelli ora al governo nel Sud – sono arrivate nella nuova capitale per essere testimoni di questa giornata storica. Presieduta dal presidente del Sud Sudan, Salva Kiir Mayardit, e da Omar Hassan al-Bashir, il presidente del Sudan. Una presenza non solo simbolica: a inizio celebrazioni, Bashir era ancora formalmente presidente dell’intero Sudan e Salva Kiir il suo primo vicepresidente. La presenza di Bashir è stata un segnale politico: Khartoum già  venerdì aveva annunciato il riconoscimento immediato della nuova repubblica. Anche se molte questioni tra i due nuovi paesi rimangono aperte, con non poche tensioni su nodi spinosi come quello dell’area di Abyei, del confine e del petrolio.
Anche altri paesi si sono subito mossi per riconoscere il nuovo stato: dagli ex «co-domini» coloniali, Gran Bretagna ed Egitto, agli Stati Uniti e a diversi stati africani. In settimana ci sarà  l’ammissione alle Nazioni Unite, mentre venerdì il Consiglio di Sicurezza ha già  approvato una nuova missione di peacekeeping, che andrà  a sostituire Unmis, la missione dell’Onu per il Sudan varata dopo il trattato di pace del 2005.
Tutti i leader politici e gli ospiti, stipati fino all’inverosimile sugli spalti, sono stati accolti con calore dalla popolazione presente, che ha vissuto con particolare intensità  i momenti più importanti della cerimonia. Per la gente comune i festeggiamenti erano iniziati già  venerdì pomeriggio. Quando migliaia di persone su macchine, sui minibus scassati o a piedi hanno invaso le strade della capitale con caroselli, suoni, canti e bandiere. In attesa della mezzanotte, ma continuando a festeggiare fino alle prime ore dalla mattina.
Da oggi il nuovo Sud Sudan si troverà  ad affrontare una nutrita serie di ostacoli e di prove. È uno degli stati più poveri al mondo, i negoziati con il Nord vanno continuati e non si sa se e quando daranno risultati e ci sono diverse ribellioni attive sul suo territorio. Ma tutto questo ieri quasi non ha contato, se non nelle parole di Salva Kiir, che ha promesso un’amnistia per i ribelli e ricordato le diverse zone di crisi che rimangono nel Nord. Per il resto è stata solo gioia. C’è anche Bashir


Related Articles

Prodi: nuove alleanze e nuove idee per l’Europa

Loading

prodi

Mentre mezza Europa faceva i conti dei voti delle elezioni greche, rifacendo quelli della crisi del debito sovrano alla luce della vittoria di Hollande alle presidenziali in Francia, due ex “leader” che avevano guidato due grandi paesi dell’Unione si trovavano nelle immense e sfarzosissime sale del Cremlino, tra ali di folla festante, ad applaudire al nuovo (si fa per dire) Presidente della Federazione russa, Vladimir Putin.

Bolivia, repressione dopo l’ultimatum di operai e minatori

Loading

Bolivia. I movimenti chiedono il via libera alle elezioni del 6 settembre ma la golpista Jeanine Áñez risponde con l’impiego della polizia

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment