Sud, esplodono i disoccupati
Nuovo allarme sul Sud Italia, e a lanciarlo è il Rapporto Svimez: nel Mezzogiorno, dice l’istituto di ricerca, è «emergenza giovani: due su tre sono a spasso», ossia senza un’occupazione, e oltre il 30% dei laureati under 34 non lavora e non studia. Il rapporto verrà presentato il prossimo 27 settembre, ma ieri sono state diffuse alcune anticipazioni. Che già da sole disegnano un quadro a tinte più che fosche.
Altissimo il dato della disoccupazione giovanile registrato nel 2010: il tasso nel Sud sale al 25% se contiamo anche i lavoratori in cassa integrazione e gli «scoraggiati» (quelli cioè che hanno rinunciato perfino a cercarlo, un posto). Nel 2010 – si legge nello studio Svimez – il tasso di disoccupazione nel Sud è stato del 13,4% (contro il 12% del 2008), più del doppio del Centro-Nord (6,4%, ma nel 2008 era il 4,5%). Se consideriamo tra i non occupati anche i lavoratori che sono in cassa e chi cerca lavoro non attivamente (gli «scoraggiati»), il tasso di disoccupazione corretto salirebbe al 14,8% a livello nazionale, dall’11,6% del 2008, con punte del 25,3% nel Mezzogiorno (quasi 12 punti in più del tasso ufficiale) e del 10,1% nel Centro-Nord.
Insomma, dietro i dati ufficiali, sempre un po’ sul fermo e che purtroppo rischiano di tagliare fuori crescenti pezzi di popolazione (essendo il mondo del lavoro in continua evoluzione e ricchissimo di sempre nuove forme precarie), si nasconde un disagio «esplosivo». Anche se poi le mobilitazioni e i tentativi di soluzione sono ben pochi: un po’ a causa di un’opposizione e di un mondo sindacale burocratizzati e dai piedi di elefante, un po’ per la rete solidaristica familiare italiana che regge le sorti dei (si fa per dire) «bamboccioni».
Ha picchiato duro, ovviamente, la crisi degli ultimi due anni, anche se «la recessione più grave è alle spalle»: il Sud ha perso ben 281 mila posti di lavoro dal 2008 al 2010, a fronte di 533 mila posti persi in tutto il paese. «Con meno del 30% degli occupati italiani, al Sud si concentra dunque il 60% della perdita di posti di lavoro». Il Rapporto Svimez precisa, inoltre, che «negli ultimi due anni il tasso di occupazione è sceso al Sud dal 46% del 2008 al 43,9% del 2010, e al Centro-Nord dal 65,7% al 64%».
E sui giovani, dallo Svimez arrivano dati pesanti: sempre nel Mezzogiorno, il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) è giunto nel 2010 ad appena il 31,7% (il dato medio del 2009 era del 33,3%) e per le donne non raggiunge che il 23,3%: si segna un divario di ben 25 punti con il Nord, dove il tasso di occupazione giovanile complessiva è del 56,5%.
«La questione generazionale italiana – spiegano allo Svimez – diventa emergenza e allarme sociale nel Mezzogiorno». Aumentano, inoltre, i giovani cosiddetti «Neet» (Not in education, employment or training) con alto livello di istruzione. Cioè ragazzi che hanno già finito gli studi e che non stanno facendo nè un ulteriore corso, nè uno stage, nè tantomeno hanno un contratto: quasi un terzo dei diplomati e oltre il 30% dei laureati meridionali under 34 non lavora e non studia. «Sono circa 167 mila i laureati meridionali fuori dal sistema formativo e dal mercato del lavoro, con situazioni critiche in Basilicata e Calabria. Uno spreco di talenti inaccettabile», dice lo Svimez. In 7 anni (2003-2010), al Sud, gli inattivi (nè occupati nè disoccupati), sono aumentati di oltre 750 mila unità .
Una situazione di precarietà , lavorativa e anche sociale, dei portafogli personali e purtroppo anche pubblici, che si riflette ovviamente anche nei consumi: in Italia, dice sempre il Rapporto Svimez, «i consumi a livello nazionale crescono moderatamente nelle famiglie (+1%), mentre calano nella pubblica ammionistrazione per effetto delle manovre correttive (-0,6%)». A livello disaggregato, la performance nelle due aree è simile nella spesa pubblica (-0,5% al Sud, -0,6% al Centro-Nord). Non è così, invece, per le famiglie: nel 2010 l’incremento della spesa nel Mezzogiorno è stato un terzo del Centro-Nord (+0,4% contro +1,3%).
In particolare, i consumi di vestiario e calzature sono aumentati nel Centro-Nord del 3,9%, solo dello 0,7% al Sud; giù invece la spesa per beni alimentari (-0,4%), rispetto al +0,3% centro-settentrionale, una chiara indicazione delle difficoltà delle famiglie meridionali a sostenere il livello di spesa. Da segnalare che negli ultimi dieci anni, cioè dal 2000 al 2010, la spesa delle famiglie in Nord Italia è cresciuta dello 0,5%, mentre al Sud è scesa dello 0,1%. Più elevata nel periodo la spesa della pubblica amministrazione: +1,4% nel Mezzogiorno, +1,6% nel Centro-Nord.
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