by Sergio Segio | 13 Luglio 2011 7:08
ROMA – La manovra, se approvata in fretta così com’è, «forse ci salverà dall’attacco degli speculatori, ma rischia di uccidere le imprese dell’edilizia e con esse lo sviluppo del Paese, visto che questo settore è da sempre uno dei principali traini alla ripresa». I costruttori sanno che – causa tempesta sui mercati – le possibilità di emendare le norme è limitatissima, ma mettono in chiaro che si potevano scrivere meglio, pur rispettano le esigenze del bilancio pubblico. Lo dice Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance, l’associazione di categoria, e di Federcostruzioni, federazione che rappresenta tutta la filiera edile. Lo spiega anche un documento che punto per punto mette in chiaro gli aspetti “pericolosi” degli interventi previsti.
Le critiche, in realtà , hanno già sortito un effetto: una delle norme sulle quali si è concentrata la polemica sarà rivista. Si tratta del tetto all’1 per cento messo agli ammortamenti sulle concessioni (ora prevista per tutti, ma nella nuova versione solo per autostrade e trafori). Oggi un’azienda che costruisce e poi gestisce una qualsiasi opera di pubblica utilità (dal parcheggio ad un tratto autostradale) può ammortizzarne i costi al 3 per cento l’anno. La manovra – dicono i costruttori – abbassando il tetto avrebbe fatto sì che l’impresa si caricasse di un costo aggiuntivo, con il rischio di ribaltare le spese sui cittadini (grazie ad un aumento, dove possibile, delle tariffe).
La revisione del testo è assicurata, ma ciò non basta ad attenuare la tensione del settore. Altrettanto grave sono considerati gli effetti generati dal Patto di Stabilità interno: «Non è vero – dice l’Ance – che come Bossi ha promesso a Pontida la Lega emenderà le regole per premiare le amministrazioni virtuose». Il blocco alla possibilità d’investire resta anche per i migliori, spiegano i costruttori, semplicemente non sarà aggravato dalle nuove norme. Di fatto sugli enti locali – fra il 2011 e il 2014 – il patto di stabilità peserà per 16,7 miliardi.
Ma i costruttori non sono convinti nemmeno della riforma dell’Anas: separare la gestione dalla concessioni è buona cosa «ma non vorremmo che l’Anas si trasformasse in una nuova Protezione Civile spa, che si costruisce da sola le strade sostituendosi al mercato e alle imprese». Ance e Federcostruzioni sono preoccupate anche per la riduzione di fondi ai ministeri: «Una parte sostanziale, 1,8 miliardi, riguarda i fondi Fas, destinati per il 30% alle infrastrutture». Ritengono un freno alla ripresa il fatto che sia stato alzato il tetto oltre il quale è possibile recuperare i rincari dei materiali (le compensazioni, ora previste per rialzi oltre il 10%, saranno possibili solo oltre il 13) e soprattutto non accettano il divieto di introdurre riserve (modifiche) per difetti in progettazioni già approvate: è stato introdotto un limite del 20%. «Ciò vuol dire che se il progetto non funziona non si potrà comunque modificare oltre quella soglia». Si sa che a volte le aziende ci marciano (recuperano con le variazioni offerte al ribasso forzate), ma una norma così secca può far sì che a patirne le conseguenze sia anche la qualità dell’opera, buttando via il bambino assieme all’acqua sporca.
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