Siria, il canto libero della rivolta in musica la protesta contro Bashar

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HAMA – Nelle manifestazioni siriane c’è un inno che suona appropriatamente esplicito: “Suvvia Bashar, vattene via”. Il destinatario dell’invito è il presidente siriano Bashar al-Assad. Da quando è risuonata per la prima volta qui a Hama, durante le proteste, la canzone è diventata un simbolo della forza del messaggio dei dimostranti, della confusione che regna nel movimento e della violenza con cui il Governo sta reprimendo il dissenso. A Hama nessuno sa bene chi l’abbia scritta, ma quasi tutti concordano su un punto: un ragazzo che di mestiere faceva il cementista e che la cantava durante le manifestazioni è stato trovato questo mese nelle acque del fiume Oronte, con la gola tagliata e, secondo i residenti, anche le corde vocali strappate.
Viaggiando sulle onde della comunità  virtuali ispirate da Internet e dalla rivolta, la canzone si è diffusa ad altre città . «L’abbiamo imparata tutti a memoria», dice Ahmed, un commerciante quarantenne di Hama. «È inevitabile, la ripetiamo alle manifestazioni ogni santo giorno». La Tunisia può rivendicare lo slogan delle rivolte arabe: «Il popolo vuole rovesciare il regime». Gli egiziani hanno prodotto poesie da strada in linea con la loro incomparabile arguzia. «Forza Bashar, vattene via» è il contributo siriano alla cultura pop dell’insurrezione. L’uomo ripescato dalle acque del fiume si chiamava Ibrahim Qashoush. Prima del 4 luglio, quando è stato ritrovato il suo cadavere, non lo conosceva quasi nessuno, ma ora che è morto è diventato un simbolo, «l’usignolo della rivoluzione», come lo ha definito un militante.
La rivolta però rimane molto atomizzata e proliferano voci di ogni genere anche sullo stesso Qashoush. Perfino a Hama c’è chi ipotizza che Qashoush non fosse il vero cantante, oppure che in realtà  fosse un informatore del regime ammazzato dai residenti, oppure che sia ancora vivo. «Ogni giorno per strada ti siedi da una parte e ascolti cinque o sei dicerie diverse, e si scopre che non sono vere», dice un ingegnere che sostiene di chiamarsi Adnan. Alcuni militanti insistono che la canzone sarebbe stata scritta in realtà  da uno studente ed elettricista part-time di 23 anni noto come Rahmani. Seduto in una stanza in un seminterrato, Rahman celebra quelli che lui chiama «i giorni della creatività ». Racconta che il mese scorso, mentre le proteste a Hama diventavano più spavalde e nutrite, la gente cominciava a stufarsi dei vecchi slogan, e i discorsi non erano molto meglio. I militanti ben presto sono riusciti a procurarsi delle attrezzature audio e lui ha scritto la sua prima canzone, “La Siria vuole la libertà “. Poi è arrivata “Suvvia Bashar, vattene via”; lui e suo fratello Mohammed discutevano se lasciare o no un verso leggermente offensivo, «Ehi, Bashar, vai al diavolo». Alla fine l’hanno lasciato, e ora è quello che suscita gli applausi più entusiasti. «Quello che dico io è qualcosa che tutti sentono nel cuore, ma non trovano le parole per esprimere. Siamo stati educati ad avere paura perfino di parlare di politica».
Anche Rahmani, come praticamente tutti da queste parti, ha perso una persona cara nel 1982, quando l’esercito assaltò Hama per soffocare una rivolta islamica, uccidendo almeno 10mila persone. Dice che suo nonno, Naasan Miqawi, fu ucciso di fronte a sua madre, e suo zio Mostafa dopo trent’anni è ancora desaparecido. Il fatto stesso di cantare occasionalmente la sua canzone per le folle di dimostranti appare come un piccolo atto di vendetta.
Proprio accanto a via al-Alamein, un ragazzino di undici anni che porta il nome del nonno, ucciso nel 1982, canta “Suvvia Bashar, vattene via” per uomini molto più grandi di lui, che lo guardano sorridenti e ammirati. Senza perdere un colpo si scaglia contro il fratello di Assad, Maher, che guida la Guardia repubblicana, il corpo d’élite del regime, contro il cugino del presidente Rami Makhlouf, un uomo d’affari considerato il banchiere della famiglia, e contro la famiglia Shaleesh, imparentata con Assad e nota per la sua corruzione. Gli uomini scandiscono il ritornello: “Suvvia Bashar, vattene via”.
(New York Times-La Repubblica. Traduzione di Fabio Galimberti)


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