Sfiduciati da Standard&Poor’s

by Sergio Segio | 2 Luglio 2011 16:12

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 «Riteniamo che sui piani di riduzione del debito del Governo continuino a pesare consistenti rischi dovuti soprattutto alle deboli prospettive di crescita dell’Italia». Lo sostiene l’agenzia di rating Standard and Poor’s (che minaccia un declassamento dell’Italia, così come aveva fatto Moody’s) in una nota sull’andamento dei conti pubblici italiani resa nota all’indomani della manovra correttiva per il periodo 2011-2014. E a sorpresa, la Consob ha convocato le due agenzie per la prossima settimana. A S&P chiederà  conto del perché abbia pubblicato la nota prima che il dl della manovra sia stato pubblicato in gazzetta e perché lo abbia fatto a mercati aperti; a Moody’s perché abbia messo sotto osservazione il rating di 16 banche.

La sfiducia di S & P in effetti è arrivata «puntuale», anche, se ieri l’Istat ha confermato che i conti pubblici italiani nel primo trimestre del 2011 sono migliorati: l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche (comunemente definito deficit) in rapporto al Pil è sceso infatti al 7,7% dall’8,5% del 2010. Il saldo primario (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato , invece, negativo per 13.109 milioni di euro, in diminuzione.
I dati trimestrali sull’indebitamento non hanno molto significato: sono dati grezzi (non tengono conto della stagionalità  delle uscite e soprattutto delle entrate) ma forniscono indicazioni nel confronto con quelli dello stesso periodo dell’anno precedente. In questa ottica emerge che il miglioramento dei conti deriva da una accelerazione delle entrate totali cresciute del 3,8% su base annua (soprattutto grazie al rialzo delle imposte in conto capitale) con una incidenza sul Pil salita al 40,6% rispetto al 40,2% del corrispondente trimestre del 2010. Le sole entrate correnti sono aumentate del 3,4%, grazie alle imposte dirette (+4,9%), alle indirette (+3,6%), ai contributi sociali (+1%) e alle altre entrate correnti (+6,2%). Le entrate in conto capitale hanno registrato una crescita tendenziale del 62,1% dovuta soprattutto ai versamenti una tantum relativi all’imposta sostitutiva delle imposte ipotecarie e catastali. Le uscite totali sono invece aumentate dell’1,9% (un tasso superiore a quello registrato nel corso dei vari trimestri del 2010) e la loro incidenza sul Pil si è ridotta di 0,4 punti percentuali al 48,3% contro 48,7% del primo trimestre del 2010.
Ma torniamo ai «dubbi» di Standard & Poor’s che aveva già  tagliato il rating dell’Italia a maggio. Nel valutare l’efficacia della manovra di rientro approvata ieri sera dal Consiglio dei Ministri, S&P sottolinea che «molte delle misure annunciate potrebbero indirettamente favorire la competitività  del sistema Italia», come ad esempio i tagli decisi per le pensioni d’oro del settore pubblico e la prevista razionalizzazione del complesso sistema di deduzioni fiscali in vigore nel Paese. E l’intenzione di anticipare di un anno, dal 2015 al 2014, l’agganciamento dell’età  pensionabile alle speranze di vita, «ci convince ulteriormente che la spesa pensionistica futura legata all’andamento demografico per l’Italia sarà  tra le più basse in Europa». Nondimeno, aggiunge l’agenzia, «alla luce del debole tasso di crescita italiano (-0,9% il Pil pro capite tra il 2005 e il 2011), riteniamo che saranno necessarie riforme micro e macroeconomiche ben più incisive per incentivare gli investimenti privati e adeguare i livelli salariali alla produttività ». Senza misure di questa portata, l’Italia «non riuscirà  a realizzare il suo potenziale economico». La ricchezza prodotta dal Paese, quindi, non sarà  sufficiente «a dare il via a cali significativi nel rapporto fra debito e Pil», che ha toccato il 119% a fine 2010.
Per questo, S&P «conferma che esiste una possibilità , all’incirca di uno a tre, che i rating sul debito italiano possano essere abbassati nei prossimi 24 mesi, come testimoniato dall’outlook negativo sul rating». Sulla manovra in sé, ritiene che i piani di austerità  siano credibili» Il governo tuttavia, «potrebbe essere troppo ottimista circa gli effetti della lotta all’evasione».

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