Serravalle e Pedemontana, quei due pasticci di un “provinciale” che voleva volare alto

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MILANO – «Un provinciale in Provincia». Così veniva chiamato Filippo Penati quando a sorpresa nel 2004 sconfisse Ombretta Colli per diventare presidente della Provincia di Milano. Una posizione di vertice e un trampolino di lancio che è stato sfruttato più per conquistare potere negli snodi del business piuttosto che per lasciare il segno di una politica alta e di lungo periodo. Nonostante il profilo un po’ dimesso, di fronte alle ultime accuse piovutegli addosso c’è chi stenta a immaginare Penati come il grande collettore delle tangenti per il Partito democratico, una tesi che pare stiano perseguendo gli inquirenti di Monza. Tuttavia, in attesa di conoscere gli ulteriori sviluppi dell’inchiesta e la loro consistenza probatoria, si può fin d’ora sostenere, poiché lo riferiscono diverse fonti che hanno lavorato con lui, una eccessiva disinvoltura di Penati nel trattare con persone che a prima vista non spiccano per affidabilità . I due suoi principali accusatori, Pietro Di Caterina e il costruttore di Sesto Giuseppe Pasini, ne sono un chiaro esempio. Entrambi hanno attività  andate male, il primo dice di dover ricevere dall’Atm 15 milioni di arretrati, il secondo sostiene di aver pagato una tangente per ottenere agevolazioni urbanistiche nell’ex area Falck che poi non è riuscito a sviluppare. Cornuti e mazziati, verrebbe da dire e forse il loro evidente insuccesso è uno dei motivi per cui hanno cominciato a vuotare il sacco. Fatto sta che anche quando diventa presidente della Provincia Penati continua a circondarsi degli stessi uomini che l’hanno sempre seguito nel suo percorso politico: il capo della segreteria Giordano Vimercati, il portavoce Maggi, la fedele segretaria. Uno staff che certo non viene ricordato con favore dagli addetti ai lavori e che gli impedisce di conquistare la fiducia dei gangli del potere milanese. Il vero fallimento di Penati è infatti politico: durante i cinque anni a capo della Provincia non è riuscito a costruire niente di duraturo, riuscendo a deludere anche tutti i sindaci dell’hinterland che lo avevano sostenuto nella grande marcia contro la Colli. Per contare qualcosa, infatti, Penati fa come tutti i predecessori, cerca di mettere le mani sulle partecipate. Parte l’attacco alla Serravalle, un’azienda, come tutte quelle autostradali, che macina soldi in quanto ha la fortuna di trovarsi in una delle aree più industrializzate d’Europa. Come primo passo Penati stringe un patto con il Comune allora governato da Gabriele Albertini, ma si capisce fin da subito che la convivenza tra i due sarà  difficilissima. Uno è un privatizzatore, l’altro vuole rilanciare il ruolo del pubblico prima di portare la società  in Borsa. E per raggiungere l’obbiettivo non esita a trattare con il nemico, nella più classica manovra di realpolitik. Acquistando il 15% della Serravalle in mano a Marcellino Gavio per 235 milioni, un prezzo enorme ma eguale a quello che Gavio aveva offerto ad Albertini per la quota del Comune, si attira addosso furiose polemiche. à‰ il periodo della scalata Unipol alla Bnl e Gavio entra nella cordata bolognese alimentando così i sospetti di uno scambio di favori tra la sinistra affarista e il chiaccherato imprenditore piemontese. Con la maggioranza in mano spinge sull’acceleratore della Pedemontana, investendo soldi ed energie, ma il progetto della grande holding per le autostrade del Nord, presentato in pompa magna con tanto di sede faraonica e presidente di facciata (Giulio Sapelli), non è mai decollato. Appare un po’ spaesato quando entra a far parte del cda della Scala, viene a contatto con banchieri importanti, Corrado Passera in primis, ma sembra sempre subire la sua umile origine al cospetto dei grandi della finanza. Vorrebbe candidarsi per fare il sindaco di Milano ma il partito si spacca. Perde anche la sfida con Formigoni per la Regione e viene recuperato da Bersani per la segreteria politica del Pd, un incarico che ai più sembra esagerato. Fino alle accuse di questi giorni e al teorema della procura di Monza.


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