Scattano i ticket in sette regioni ma sulle misure è già bufera
ROMA – Domani si passa dalla teoria alla pratica: parte la manovra, entrano nel vivo le norme decise dal governo per stabilizzare i conti dello Stato (48 miliardi d’interventi entro il 2014). E si tratta di un inizio tutto in salita, segnato da scontri e polemiche anche perché, fra le misure immediatamente applicabili c’è la regina dell’impopolarità : il ticket sanitario.
Fra ventiquattro debutta il balzello di 10 euro sulle visite specialistiche e sulle analisi mediche, e quello di 25 euro previsto per i codici bianchi negli ingressi al pronto soccorso (misura questa in realtà già adottata da tutte le regioni, Basilicata a parte). Scattano anche i rincari del bollo sul deposito titoli, il superbollo per le auto di lusso sopra i 225 kw, la stretta sulle stock option e l’aumento dell’Irap sulle concessionarie dello Stato, per le banche e assicurazioni. Ma è chiaro che l’impatto più grosso resta quello del ticket. Un impatto talmente imponente che molte regioni non hanno ancora deciso cosa fare.
La manovra lascia alle amministrazioni la decisione se applicarle tale misura o evitarla usando fondi propri. Le giunte regionali possono anche optare per altri balzelli in campo sanitario, ma è certo che i tagli subiti vanno in qualche modo coperti e che i ticket – esenzioni a parte – colpiscono nel mucchio e non piacciono all’elettorato. Tra l’altro molte amministrazioni già ne prevedono alcuni di varia natura, ecco quindi il perché di tante distinzioni e incertezze.
E’ probabile che le regioni già sottoposte a piani di rientro della spesa sanitaria (Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) abbiano poche alternative. Di fatto sono solo sette le amministrazioni che hanno deciso di adottare la misura già da domani o comunque entro la settimana: si tratta di Basilicata, Sicilia, Lazio, Veneto, Calabria, Liguria e Lombardia (per se il presidente Formigoni sta pensando ad un importo più basso di quello iscritto in manovra). I ticket sono invece «congelati» – in attesa di valutazione – in Piemonte, Umbria, Campania, Marche e Friuli Venezia Giulia. Schierate sul fronte del «no» – almeno per il momento – sono invece Sardegna, Emilia Romagna, Val D’Aosta, Trentino Alto Adige (dove però verrà introdotto il ticket sui codici bianchi) e Toscana. E’ chiaro che ai presidenti di regioni non va di avvallare una scelta così impopolare, tanto che lo stesso Formigoni ha protestato contro l’impostazione delle misure: «Bisogna dare un segnale forte, i tagli alla politica vanno fatti» ha detto. Sullo stesso argomento polemizza Italia Futura, l’associazione di Montezemolo: «Se l’Italia è il Titanic, Tremonti sa che i passeggeri di prima classe (i politici) hanno già occupato tutte le scialuppe disponibili». Ma l’analisi più dura è quella di Stefano Fassina del Pd: «Governo e maggioranza hanno vilmente scaricato sulle spalle dei lavoratori, dei pensionati e delle famiglie a reddito basso e medio una manovra con un impatto regressivo senza precedenti. Hanno vilmente scaricato su regioni, province e comuni il compito di tagliare servizi essenziali ai cittadini o aumentare le tasse. Tremonti, con il taglio della deducibilità dei contributi versati all’Inps propone di tassare due volte lo stesso reddito». Contraria alla manovra Secondo Susanna Camusso, leader Cgil, «è necessario continuare la mobilitazione per cambiarla». Per Antonio Di Pietro dell’Idv «è una stangata ed una truffa».
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