Sanità  con 12 mila medici in meno primi a sparire: anestesisti e rianimatori

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ROMA – Non è solo questione di ticket da versare: le misure che, con la manovra, il governo ha introdotto sulla sanità  sono destinate a produrre un taglio netto anche nel numero di medici a disposizione del servizio nazionale e quindi nell’offerta ai cittadini. Per risanare i conti dello Stato è infatti previsto che le amministrazioni pubbliche continuino nel blocco del turn over, tanto più se stiamo parlando di regioni già  sottoposte al piano di rientro della spesa sanitaria (per le quali è prevista solo una contestatissima deroga a favore dei primari). La misura, secondo le proiezioni effettuate dallo Smi, (sindacato medici italiani) si tradurrà  nella riduzione nel 2014 del 10% dei medici del servizio sanitario: 12 mila unità  in meno rispetto agli attuali 120 mila.
«Il blocco del turn over dettato dai piani di risanamento riguarda Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna e Sicilia, regioni che nel complesso hanno un bacino d’utenza di 32 milioni di cittadini e fanno riferimento ad un corpo medico dirigente di circa 60 mila unità » spiega Gianfranco Rivellini, responsabile per la dirigenza medica dello Smi e psichiatra all’ospedale di Mantova. Ora, «se leggiamo assieme le previsioni sul blocco del turn over e i picchi di pensionamento che la categoria subirà  nell’immediato futuro, le conseguenze della mancata copertura saranno devastanti». Da qui al 2015 – secondo uno studio del sindacato ospedaliero Anaao-Assomed – si verificherà  infatti un picco di uscite di medici dalle corsie (per via della concentrazione anagrafica di nati negli anni Cinquanta). «Non si può dire che la qualità  dei servizi possa subire un crollo del 10 per cento – precisa Rivellini – ma se non si riforma il sistema della specialistica di base e delle cure primarie, il taglio di presidi territoriali che la necessità  di produrre risparmi ci richiede si tradurrà  in Pronto soccorso che scoppiano e più lunghe liste d’attesa». L’emergenza è denunciata da tutte le associazioni di categorie: per giovedì prossimo, la ventina di sigle che la rappresentano ha indetto gli Stati generali per fare fronte comune conto i tagli dettati dalla manovra (8 miliardi) e il blocco della contrattazione. «Non solo, qui si tratta di riflettere sul destino del servizio sanitario» avverte Costantino Troise, segretario nazionale di Anaoo-Assomed «ci sono alcuni casi, come quello della Campania, dove la situazione è esplosiva: escono dalle corsie 4 mila medici all’anno e da quattro anni non si indicono concorsi, le voragine vengono coperte con medici precari sui quali nessuno fa formazione o aggiornamento».
Fra i casi limite che Anaao segnala vi è il San Camillo di Roma dove, grazie al taglio dei posti letto e alla scarsità  di personale medico, nel 2010 oltre 2 mila persone hanno aspettato in barella più di 24 ore al Pronto soccorso. Al Cardarelli di Napoli, il più grande nosocomio del Mezzogiorno, i sindacati denunciano «turni massacranti e preoccupazione per la salute dei pazienti». Ma gli effetti dei tagli sono visibili anche nelle strutture più piccole: la Fp-Cgil medici fa sapere che nel Pronto soccorso di Fratta Maggiore, dei 24 medici previsti dall’organico in servizio ce ne sono solo 12. A Palermo il sindacato denuncia insufficienze del 10 per cento in tutte le principali strutture. «Questa non è una manovra – commenta il segretario Massimo Cozza – ma una picconata alla sanità  pubblica».
E se la carenza è generale ci sono categorie dove i buchi sono più profondi che altrove. «La carenza di anestesisti e rianimatori sta creando seri problemi in diversi ospedali – racconta Vincenzo Carpino di Aaroi-Emac, sigla della categoria – ne mancano già  3.500, di cui 2.200 nelle Regioni che subiranno sicuramente il blocco, dai 500 del Lazio ai 350 della Sicilia. La manovra in questo caso rischia di essere davvero pericolosa».


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