San Raffaele, suicida l’uomo dei conti

by Sergio Segio | 19 Luglio 2011 7:04

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MILANO— Preme il pulsante per il sesto piano e quando esce dall’ascensore si trova su, negli uffici dei massimi dirigenti, dove dalle vetrate piove una luce potente e fuori, in cima alla cupola d’acciaio, sta la statua dell’arcangelo San Raffaele, che svetta bianca, con le ali dorate, e trasmette quel senso di calma ovattata in cui Mario Cal per anni ha lavorato e in questa mattina di luglio è venuto a morire. Saluta la segretaria e le spiega: «Ho dimenticato il passaporto, purtroppo, e sono venuto a recuperarlo» . Non è vero. L’uomo, che per decenni è stato il braccio destro di don Verzé, il passaporto ce l’ha dentro la borsa di pelle, vicino alla Smith&Wesson calibro 38 che tiene sempre con sé. Entra nell’ufficio che non sarà  più suo, già  smantellato, già  spoglio e con gli scatoloni chiusi.
Davanti alle vetrate affacciate sull’ospedale milanese si siede al tavolo e scrive due biglietti, poche righe. C’è ancora quel silenzio, quasi irreale, quando rimbomba il colpo della pistola che Cal si è appoggiato alla tempia. Il proiettile trapassa la testa e si conficca nel muro. Per 35 anni Mario Cal ha lavorato al San Raffaele fianco a fianco col fondatore don Luigi Verzé.
Con lui ha affrontato il dissesto finanziario dell’ospedale e, a 72 anni compiuti il 30 giugno, venerdì scorso è rimasto fuori dal nuovo Cda in cui ora siedono quattro membri della Santa Sede. Dieci giorni fa ha affrontato un colloquio in Procura (non era accusato di nulla) in relazione alla crisi finanziaria dell’ospedale. «Non sono mai stato così addolorato nella mia vita come in questi giorni» , ha confidato qualche giorno fa al suo legale, Rosario Minniti. È lo stesso legale ad accennare una possibile motivazione per il suicidio: «Era disperato perché vedeva crollare un sogno, quello di curare i malati nel miglior modo possibile» . L’idea che il carattere forte di quest’uomo sia stato macerato in pochi mesi, e infine annientato dal dissesto economico, appare tra le righe di una nota diffusa dal nuovo Cda: «Il gesto così grave e imprevedibile compiuto dal dottor Mario Cal… accresce la consapevolezza sulla delicatezza e sulla gravità  dell’attuale situazione» .
Dagli elementi raccolti dagli investigatori e dalla polizia scientifica, coordinati dai pm Maurizio Ascione, sembra emergere però un percorso più cupo. A partire da quella «bugia» alla segretaria Stefania, e dal fatto che Mario Cal non avesse motivo di andare nel suo ex ufficio ieri mattina. Come se avesse scelto di uccidersi nel «suo» ospedale per dare un messaggio. E poi ci sono le poche parole indirizzate alla moglie, che raccontano una sensazione di ingiusta solitudine più che di sogni infranti: «Ancora una volta ho pagato per errori di altri. Tu sai che non ho colpe» .
È la segretaria Stefania a sentire per prima il colpo di pistola, attraversa di corsa il grande salone davanti agli uffici dei dirigenti, apre la porta. Poco dopo arriva un vigilantes dell’ospedale, 40 anni, da un decennio dipendente del San Raffaele. Mario Cal è a terra, il sangue si allarga sul parquet, è steso sul fianco destro e col braccio davanti al corpo, le dita della mano sfiorano l’arma caduta sul pavimento. Nel tentativo di un soccorso immediato il vigilantes allontana la pistola con un piede, strappa la camicia per iniziare un massaggio cardiaco, in pochi minuti la stanza al sesto piano si riempie di medici: Mario Cal entra in pronto soccorso, dall’altra parte della strada, alle 10 e 21 di ieri. Condizioni drammatiche, i medici continuano a tentare con la rianimazione, per un momento riescono a stabilizzarlo.
Cal muore però alle 10 e 57. Don Verzé verrà  avvertito qualche ora dopo, «con tutte le cautele» , come dicono dall’ospedale. Il pubblico ministero ha aperto un fascicolo d’indagine per istigazione al suicidio, ma si tratta soltanto di un fatto procedurale, dubbi sulla dinamica non sembrano esserci: si tratta solo di eseguire gli accertamenti in una corretta cornice giuridica.
Nel pomeriggio si diffonde qualche apprensione perché la pistola viene ritrovata in un sacchetto, ma è stato il vigilantes a sistemarla lì, un gesto errato dal punto di vista investigativo, ma quello strano particolare sembra già  chiarito. I pm Luigi Orsi e Laura Pedio, che si occupano dell’inchiesta conoscitiva sulla situazione debitoria del San Raffaele, con la Guardia di Finanza hanno cercato documentazione economica e finanziaria in ufficio e in casa di Cal. Carte che forse potrebbero spiegare qualcosa in più sul suicidio, oltre quelle poche righe che ha scritto nel silenzio e lasciato dentro due buste da lettera.

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