by Sergio Segio | 1 Luglio 2011 5:59
Prima le grandi famiglie milanesi, a seguire il gruppo San Donato di Giuseppe Rotelli, poi una fondazione caritatevole americana e, infine, il Vaticano. Tutti pronti a supportare un accordo di ristrutturazione del debito che mantenga in vita l’ospedale senza il rischio che il San Raffaele finisca in un concordato di tipo fallimentare, l’esito peggiore per la vecchia gestione perché manderebbe diritti in pasto alla procura gli ex manager, primo fra tutti l’amministratore delegato Mario Cal, già sentito dal sostituto procuratore Luigi Orsi per il buco da 900 milioni di euro. Ma per il momento si è trattato sempre e solo di parole, tanto che le banche continuano imperterrite a preparare le carte per il concordato fallimentare.
Ieri, il consiglio di amministrazione della Fondazione ha comunicato, dopo la riunione che ha approvato i conti, l’interesse della Santa Sede per le attività del San Raffaele. Lo Ior, la banca del vaticano, fin dall’inizio si era dichiarato disponibile a sottoscrivere una quota finanziaria della nuova società (la Newco), ma ora dopo aver sparigliato l’interesse delle grandi famiglie, si è candidato – a detta di Don Luigi Verzé – a fare tutto da solo. Al massimo, con un piccolo aiuto (75 milioni di euro su circa 250 che servono) da parte di una Charity statunitense che entrerebbe nel capitale della Newco, grazie a una donazione di un centinaio di milioni all’Università del San Raffaele. Un giro di soldi tra Ior e donazioni di fondi esteri che meriterebbe un approfondimento della procura tanto quanto le cause che hanno portato al dissesto. Ma che per il momento sembra l’unica strada percorribile.
Il gruppo Rotelli, infatti, sarebbe stato messo in un angolo, pur avendo offerto agli advisor del San Raffaele 250 milioni di euro e la possibilità per Don Verzè di continuare a essere presidente. Rotelli sarebbe disposto a rimanere anche in minoranza o ad affiancare il Vaticano, comunque a dare una mano affinché il San Raffaele non fallisca. Una dichiarazione d’amore per un ospedale che il gruppo San Donato non è mai riuscito a conquistare.
In ogni caso entro la settimana prossima le banche creditrici (Intesa e Unicredit in testa) devono aprire i cordoni della borsa e mettere sul piatto almeno 50 milioni di euro per pagare gli stipendi e le bollette della luce. E forse non basteranno, perché dovranno essere fermati anche i decreti ingiuntivi che i fornitori stanno inviando uno dietro l’altro. In cassa non è rimasto nulla. Alla fine di marzo, le perdite sono state di oltre 50 milioni di euro.
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