by Sergio Segio | 23 Luglio 2011 7:58
Il consiglio dei ministri ha decretato ieri mattina l’avvio della procedura di emergenza per la chiusura definitiva della discarica romana di Malagrotta, con la contestuale indicazione del nuovo sito per i rifiuti della città di Roma. Una scelta che toglie dalle mani del governatore Polverini la decisione più difficile del suo governo, dando ampi poteri in deroga alle tante leggi di tutela ambientale del settore al prefetto di Roma Pecoraro. Il provvedimento in sostanza eviterà ogni possibile confronto con le popolazioni dei tanti possibili siti della nuova discarica che dovrà sostituire tra pochi giorni quello che è ormai conosciuto come «l’ottavo colle di Roma», l’invaso di Malagrotta arrivato alla completa saturazione già da anni. I poteri commissariali permetteranno, tra l’altro, quella che potrebbe essere una vera e propria militarizzazione delle aree assegnate, saltando a piè pari gli eventuali ostacoli di tipo ambientale e paesaggistico.
Sulla collocazione dei nuovi impianti di stoccaggio dei rifiuti di Roma permane un silenzio assoluto, contornato da tanti piccoli e grandi depistaggi. Ma qualcosa si sta muovendo già da mesi, in maniera discreta e silenziosa. Nelle terre confinanti con l’attuale discarica di Malagrotta, in località Testa di Cane, circa un mese fa sono in iniziati i lavori di impermeabilizzazione di alcuni invasi. La proprietà dell’area è riconducibile allo stesso gruppo che gestisce l’attuale discarica di Roma, guidato dall’avvocato Manlio Cerroni, il monopolista di fatto del ciclo dei rifiuti nella regione Lazio. Le foto scattate nei giorni scorsi lasciano pochi spazi ai dubbi e mostrano il cantiere tipico di preparazione di un invaso per rifiuti solidi urbani. Nessun cartello che indichi un cantiere ufficiale è visibile, rendendo difficile stabilire chi ha autorizzato i lavori, i committenti, i costi e, soprattutto, quale valutazione d’impatto ambientale sia stata realizzata. Ad oggi nessuna comunicazione ufficiale rispetto alla scelta della località «Testa di cane» è arrivata dall’ufficio del presidente Polverini o dall’assessorato ai rifiuti laziale.
L’eventuale conferma della scelta di questo sito sarebbe una doppia pessima notizia. La prima – in fondo già acclarata con la dichiarazione dell’emergenza e del commissariamento – è la peggiore: per la regione Lazio il modello del «tutto in discarica» è sostanzialmente riconfermato, con il fallimento annunciato dell’obiettivo della raccolta differenziata al 60%, previsto già per il 2011. La scelta di Testa di cane comporterebbe, poi, l’aggravamento di una situazione ambientale nella zona di Malagrotta, rendendo insopportabile per la popolazione locale la creazione di un «nono colle» di Roma, a pochissima distanza dalla discarica in chiusura.
Ufficialmente nella zona adiacente Malagrotta – nell’area del parco pubblico di Massimina – i lavori in corso riguardano la messa in sicurezza della discarica esistente, ormai esaurita. La vera intenzione dei gestori è in realtà riscontrabile in una lettera inviata dall’amministratore delegato del gruppo Cerroni, Francesco Rando, lo scorso gennaio: «Gli invasi sono programmati e realizzati, a miglior garanzia, nel rispetto alle prescrizioni per le discariche per rifiuti non pericolosi, essi potranno, occorrendo, ricevere rifiuti indifferenziati e più ancora rifiuti triturati». Se serve, scriveva l’ingegnere a capo di Malagrotta, abbiamo spazio, proprio qui vicino. Il sospetto nato con questa lettera, resa nota dai comitati di Malagrotta, si è andato via via rafforzando quando tra le foglie del parco che fiancheggia l’area dell’avvocato Cerroni sono apparse le ruspe e, pochi giorni fa, i teloni utilizzati per l’impermeabilizzazione degli invasi. Tutto sembra pronto per l’ultimo passaggio, l’apertura della Malagrotta due.
La dichiarazione dell’emergenza e il contestuale affidamento al prefetto Pecoraro – il cui nome verrà formalizzato nei prossimi giorni da Berlusconi – della «scelta» del sito ha l’unica funzione di sottrarre la patata bollente al Pdl laziale. Nel contesto attuale di un sistema basato in sostanza sulle discariche, con il rischio di vedere precipitare la situazione in una vera e propria emergenza alla campana, qualsiasi scelta sarebbe stata impopolare. La figura, poi, dell’avvocato Manlio Cerroni è divenuta ingombrante e scomoda, soprattutto dopo l’avvio da parte della magistratura di una serie d’inchieste sulla gestione del sistema rifiuti nella regione Lazio. Meglio, dunque, lasciare la firma del documento che indicherà il nuovo sito per la monnezza romana ad una figura tecnica, come il prefetto. Con la scusa dell’emergenza, come da copione ormai consolidato.
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