Quei due personaggi senza più autore
È intervenuto alla Camera venerdì scorso nella seduta di approvazione della manovra economica ed ha letto una dichiarazione di poche righe nella quale si compiaceva della tenuta della maggioranza e della capacità del governo di governare. Ma poi è sceso nell’emiciclo ed ha parlato con i suoi deputati e con i giornalisti nei corridoi di Montecitorio.
Il succo delle sue dichiarazioni è stato questo: è falso che sia “commissariato” da Napolitano e da Tremonti; la manovra è stata imposta dall’emergenza e così com’è non gli piace affatto ma la colpa è dell’Europa; c’è una congiura dei giudici comunisti contro di lui a cominciare dalla Corte d’Appello civile di Milano che vuole rovinare Fininvest e mettere sulla strada duemila lavoratori di Mediaset; al ministro Romano, presente in aula, ha raccomandato di non dimettersi in nessun caso; ai deputati del Pdl ha raccomandato di difendere compattamente il loro collega Alfonso Papa quando tra pochi giorni l’aula di Montecitorio dovrà votare sul suo arresto chiesto dal Gip di Napoli. Infine ha ammonito Bossi perché receda dal preannunciato voto della Lega in favore dell’arresto di Papa, che sarebbe «un fatto gravissimo con effetti estremamente pericolosi».
Questo è dunque il Berlusconi-pensiero quale risulta non da indiscrezioni più o meno attendibili, ma da sue dichiarazioni che sono state registrate dagli operatori televisivi e dai telefonini dei giornalisti assiepati attorno a lui. Se l’Europa e i mercati avevano bisogno di un’ennesima prova della confusione che aleggia sulla “governance” dell’Italia, la prova è stata ampiamente fornita dal presidente del Consiglio.
A questo punto si pone la domanda: la permanenza di Berlusconi alla guida del governo contribuisce positivamente alla stabilizzazione finanziaria o è invece un fattore altamente destabilizzante? Si può andare avanti in questo modo fino al gennaio 2013 e poi per altri sei mesi fino alle elezioni di maggio con i poteri del Quirinale affievoliti dal semestre pre-elettorale?
Ce la poniamo in molti questa domanda. Immagino che se la ponga soprattutto Giorgio Napolitano la cui attiva presenza è stata uno degli elementi che ha consentito l’approvazione della manovra in appena cinque giorni. «Un miracolo» ha detto il presidente della Repubblica. È vero, un miracolo mai avvenuto prima, ma i miracoli non si ripetono e non bastano per guidare un Paese. Ci vuole un governo credibile, un’opposizione credibile, una classe dirigente credibile.
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L’opposizione credibile c’è e tutti (salvo Berlusconi) l’hanno riconosciuto, dallo stesso Napolitano ai presidenti del Senato e della Camera, dal ministro dell’Economia alla Lega e ai capigruppo del Pdl.
Ma proprio perché l’opposizione è credibile e ne ha dato la prova, proprio nel momento in cui il Parlamento dava il via libera alla manovra il segretario del Pd e tutto lo stato maggiore di quel partito hanno chiesto le dimissioni immediate del presidente del Consiglio ed hanno preannunciato che a cominciare da subito formuleranno un programma per capovolgere l’asse portante della manovra evitando la “macelleria sociale” che essa contiene, fermi restando i saldi che la manovra ha posto come paletti necessari a rassicurare i mercati e a tutelare il debito e i titoli dello Stato.
Il Partito democratico, l’Idv e il Terzo Polo hanno accumulato un credito consistente rendendo possibile il “miracolo”. Ora hanno il diritto e il dovere di mettere questo credito all’incasso nell’interesse generale, ma è evidente che l’opposizione parlamentare da sola non basta.
Per uscire dallo stallo è necessario un più vasto concorso di popolo e di istituzioni, ciascuna nell’ambito della propria competenza. La classe dirigente, le forze sociali, la società civile sono chiamate a dare un fondamentale contributo. Andare avanti così significa che il miracolo compiuto il14 luglio ha cessato di operare.
Un commentatore molto attento, Fabrizio Forquet, ha scritto venerdì scorso su 24 Ore: «La manovra ha tenuto in carreggiata la macchina, ora è tempo di darle benzina per tornare a macinare terreno. Anche perché quando lunedì i mercati si riapriranno la manovra-sprint sarà già passata. E ai desk dei traders si tornerà a guardare all’Italia in cerca di buone ragioni per acquistare o per vendere titoli italiani». Sarà esattamente così.
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Ma Tremonti non è da meno quanto a improntitudine. Non parliamo dei suoi cinque anni di “finanza creativa” nella legislatura del 2001, basati sui condoni e sulle cartolarizzazioni senza coperture; parliamo di oggi, di questa manovra. Quando la presentò poco meno di due mesi fa era molto diversa e molto più mite di quella approvata il 14 luglio. Per lui bastava così e per la Commissione europea di Barroso anche.
Poi ci fu il nerissimo venerdì e l’altrettanto nero lunedì successivo e la manovra fu radicalmente cambiata sotto la spinta di Napolitano e con i suggerimenti di Mario Draghi. Da 40 miliardi fu aumentata a 48 ma per metterla ancor più in sicurezza, una clausola di salvaguardia ne prevede altri 20 eventualmente riassorbibili nella riforma fiscale. Siamo dunque ad un totale di quasi 80 miliardi, un salasso di quelli che possono ammazzare un Paese se non saranno gestiti con altissima professionalità e con altrettanto solida credibilità . Osserviamo che il rapporto tra tagli di spesa e maggiori imposte raggiunge il 50 per cento. La vera macelleria sociale è questa perché si tratta di imposte regressive.
Domanda: è credibile un ministro dell’Economia costretto a rivoluzionare un’operazione perché non aveva previsto le reazioni negative dei mercati? Nella seduta del 14 luglio alla Camera Tremonti ha pubblicamente ringraziato l’opposizione la quale gli ha risposto che aveva reso possibile l’approvazione per senso di responsabilità ma senza alcuna corresponsabilità perché giudicava pessima la manovra approvata e si preparava a proporne sostanziali modifiche.
Ora Tremonti parla del Titanic e ricorda che in disastri come quello se la nave va a fondo muoiono tutti. Qualcuno ha interpretato quelle parole come un richiamo alla Germania e alla Francia, altri come un richiamo ai ceti abbienti del nostro Paese, i quali tuttavia escono abbastanza immuni dalla macelleria sociale denunciata dall’opposizione. Ma c’è anche un’altra considerazione da fare: se la nave affonda muore anche il comandante che l’ha guidata a cozzare con l’iceberg, ma se la nave miracolosamente si salva, il comandante finisce comunque sotto processo e viene radiato dalla Marina.
A rigor di logica debbono dunque andarsene sia Berlusconi sia Tremonti. Le loro responsabilità sono molto diverse ma della stessa gravità . La loro presenza è destabilizzante, debbono dunque esser sostituiti con rapidità da persone credibili e competenti delle quali c’è per fortuna ampia scelta e disponibilità .
Nel frattempo il ministro dell’Economia è tenuto a spiegare come sia stato possibile che le nomine nei consigli d’amministrazione di società controllate direttamente o indirettamente dal Tesoro siano state affidate a quel Milanese che non aveva altro titolo fuorché quello di essere un consulente del ministero, scavalcando il direttore generale Vittorio Grilli, che peraltro si è fatto tranquillamente scavalcare senza opporre alcuna resistenza.
Tremonti sapeva che Milanese e non Grilli gestiva le nomine? Se lo sapeva la sua responsabilità politica è enorme, se non lo sapeva la sua credibilità politica è sotto zero.
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Va di moda da qualche giorno addossare la crisi dei mercati all’inconsistenza dell’Europa e la prova sta nel fatto che la speculazione attacca con assalti ricorrenti tutte le piazze europee e non soltanto quelle più deboli e disastrate. Luigi Spaventa ha sostenuto questa tesi su Repubblica di ieri con dovizia di argomenti. Non è il solo, l’inconsistenza di un’efficace “governance” dell’Eurozona è evidente a tutti e ne sono altrettanto evidenti gli effetti negativi.
Va detto tuttavia che non tutte le istituzioni europee sono state assenti dalla gestione della crisi. Non è stata assente per esempio la più autonoma e la più europea di quelle istituzioni e cioè la Banca centrale che è nei mesi scorsi più volte intervenuta acquistando o accettando in garanzia titoli dei paesi più disastrati a cominciare dalla Grecia, dall’Irlanda, dal Portogallo. Al bisogno ha acquistato anche titoli spagnoli e austriaci.
Lunedì scorso, quando la turbolenza ha investito in pieno per il secondo giorno consecutivo il mercato italiano, la Bce ha massicciamente acquistato titoli italiani attingendo dalla massa monetaria appositamente accantonata per operazioni sul mercato aperto.
Di questa massa monetaria fa parte anche il Fondo di stabilità per la sicurezza dell’euro; ammonta a mezzo miliardo e potrebbe – dovrebbe – essere incrementato fino a quattromila miliardi. Si tratta d’un deterrente imponente che la Bce può usare per controbattere la speculazione, purché i paesi con più elevati debiti sovrani procedano alla loro graduale riduzione azzerando i disavanzi di bilancio e recuperando saldi attivi nelle partite correnti.
In Italia in questi ultimi tre anni il debito non ha fatto che crescere e il fabbisogno per finanziarlo ad aumentare e così continuerà fino al 2013. Solo in quell’anno avrà infatti inizio la riduzione netta del disavanzo di bilancio.
Questa è un’altra delle manchevolezze della manovra che è ancora troppo spostata in avanti. Occorre dare inizio all’aggiustamento già da questo esercizio e dal successivo se si vuole veramente recuperare la fiducia dei mercati.
Infine bisogna pensare da subito alla crescita e alle riforme di liberalizzazione. Farsi dettar legge dai notai e dagli avvocati circa la liberalizzazione degli ordini professionali è una prova di impotenza; spostare alla prossima legislatura tutti gli interventi che riducono il costo della politica segnala un’altra impotenza. Questi segnali non aiutano a recuperare la perduta credibilità e la smarrita fiducia.
Ancor meno aiuta l’aria di irrespirabile corruzione all’interno della Guardia di Finanza. Non è un fenomeno nuovo, dura a dir poco da trent’anni. Ma ora la sensibilità della pubblica opinione è finalmente aumentata e quel fenomeno non è più oltre sostenibile. Spetta anche in questo caso al ministro dell’Economia dal quale dipende quel corpo dello Stato fornire un quadro esaustivo della situazione, delle responsabilità , degli eventuali peccati di omissione suoi e dei suoi collaboratori e proporre efficienti terapie. Come si vede non siamo affatto fuori dai rischi che tuttora ci sovrastano. La sola vera buona notizia riguarda il nostro sistema bancario: nessuno dei nostri maggiori istituti di credito ha avuto giudizi negativi nei test europei sul patrimonio delle banche. Bisogna quindi evitare di penalizzarle sia con provvedimenti fiscali sia mobilitandole per l’assorbimento dei titoli alle aste del Tesoro. Le banche debbono destinare le loro risorse al finanziamento degli investimenti. Altri compiti sono impropri e debbono essere evitati.
Post Scriptum. È stato approvato alla Camera un obbrobrioso testamento biologico. Probabilmente contiene disposizioni anticostituzionali. Ma indipendentemente dai rilievi eventuali del Capo dello Stato al momento della firma e dagli accertamenti di costituzionalità della Corte, questo è uno dei casi in cui la società civile e le forze politiche sensibili ai temi di libertà debbono mobilitarsi e lanciare il referendum abrogativo. Subito, prima ancora che il Senato completi l’iter parlamentare della legge. La libera stampa parteciperà a questa mobilitazione. Noi di Repubblica certamente ci saremo.
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