Quattromila litri d’acqua per una sola bistecca ecco gli sprechi invisibili
ROMA – Una bella fiorentina al sangue da 3 etti costa 4.650 litri di acqua. Per il contorno di patate arrosto che l’accompagnano ce la caviamo con 25 litri. Il piatto di ciliegie fa 373 litri. E la tazzina di caffè 140. A tavola non contano solo le calorie: senza accorgercene divoriamo un fiume di acqua che è servita a coltivare e ad allevare i prodotti che finiscono nel nostro piatto. E, quando buttiamo via il cibo, buttiamo anche l’acqua che contiene.
Se ci fermiamo al singolo pasto, i numeri appaiono limitati. Ma se prendiamo le 177.479 tonnellate di mele rimaste sul campo nel 2009 perché raccoglierle non era più conveniente, scopriamo che per farle crescere c’erano voluti 124 milioni di metri cubi di acqua: gettati via. Per i pomodori è andata peggio: 3,5 milioni di tonnellate sprecate equivalgono a 644 milioni di metri cubi di acqua. E per le olive non utilizzate (3,4 milioni di tonnellate) si arriva a 6,5 miliardi di metri cubi di oro blu. In totale in Italia nel 2010 sono stati sprecati 12,6 miliardi di metri cubi di acqua per colpa di 14 milioni di tonnellate di prodotti agricoli non raccolti.
Per arginare questa emorragia, il Parlamento europeo ieri ha chiesto ufficialmente di proclamare il 2013 anno europeo contro lo spreco alimentare. «È un percorso che abbiamo iniziato nel 2010 con il Libro Nero contro lo spreco alimentare promosso da Last Minute Market e che continua quest’anno con il Libro Blu contro lo spreco idrico», spiega il presidente della Commissione agricoltura europea Paolo De Castro. «Ora, con il rapporto Caron, siamo passati a una fase operativa: dobbiamo mettere a punto misure concrete per vincere questa battaglia».
Anche se la Terra è avvolta per il 70 per cento dall’acqua, solo una piccola quota degli 8 milioni di chilometri cubi di acqua dolce è effettivamente utilizzabile e la pressione congiunta di crescita demografica, aumento dei consumi pro capite e inquinamento stanno rendendo la risorsa idrica un bene sempre più prezioso. E sempre più conteso, come dimostra la moltiplicazione dei conflitti per il controllo dei fiumi in un mondo in cui 1,4 miliardi di persone non ha accesso all’acqua potabile.
«La favola a lieto fine che ci avevano insegnato a scuola, con l’acqua che arriva al mare, poi sale sotto forma di nuvoletta e torna a scendere con la pioggia in un ciclo infinito che permette a tutti di bere, non è più vera», spiega Andrea Segrè, preside della facoltà di Agraria a Bologna e animatore della campagna contro lo spreco. «I conti non tornano perché stiamo usando più acqua di quella disponibile senza impoverire le riserve e, soprattutto, ne utilizziamo una quantità incredibile per produrre alimenti che poi buttiamo via al momento della raccolta, della distribuzione o del consumo: in Italia ogni anno si spreca una quantità di cibo che basterebbe a sfamare, nello stesso periodo, tutti gli spagnoli».
La dieta mediterranea aiuta a contenere il consumo idrico (500 metri cubi di acqua pro capite all’anno contro i 900 della dieta anglosassone), ma l’equilibrio tra zone assetate e zone capaci di acquistare acqua virtuale importando i cibi che la contengono si fa sempre più precario.
Nella campagna Last Minute Market contro lo spreco idrico, sostenuta da Eni e Unicredit e presentata domani a Roma, si precisa che l’88 per cento delle risorse idriche è consumato dall’11 per cento della popolazione mondiale. Un abitante di un paese povero sopravvive con 20 litri al giorno, in Italia si arriva a 213, negli Stati Uniti a 600. L’Italia, che ha il record europeo dei consumi idrici domestici, è in testa alla classifica anche per il consumo di acqua minerale che, secondo i dati di Last Minute Market, incide per il 9 per cento sul costo della dieta tipo di un uomo adulto che scelga questa opzione.
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