Quando il reddito è top secret solo il 13% dei parlamentari mette il patrimonio su Internet

by Sergio Segio | 24 Luglio 2011 7:17

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ROMA – Valentina Aprea, deputata Pdl, nel 2010 ha venduto la sua vecchia Fiat Stilo, per acquistare un’Alfa Romeo 147 nuova di zecca. Nello stesso anno la senatrice del Pd, Marilena Adamo, ha comprato un fabbricato nel comune di Finale Ligure e ne ha ceduto un altro nel comune di Carezzano. Cosa le unisce? L’anagrafe pubblica degli eletti: entrambe hanno dato il consenso alla pubblicazione online delle proprie dichiarazioni patrimoniali. Aprea e Adamo sono però in netta minoranza: solo un parlamentare su dieci ha deciso di mettere in rete i dettagli dei propri redditi, proprietà  immobiliari, partecipazioni societarie e spese elettorali.
Un passo indietro: in base alla legge 441 del 1982, senatori e deputati entro tre mesi dalle elezioni sono tenuti a depositare presso l’ufficio di presidenza della Camera d’appartenenza la propria dichiarazione patrimoniale e aggiornarla ogni anno. I documenti cartacei, raccolti in un apposito Bollettino, sono pubblici e consultabili da ogni cittadino solo recandosi alla Camera o al Senato. Per vederli pubblicati su internet bisogna aspettare il 7 luglio 2009, quando Montecitorio approva un ordine del giorno del Pd – prima firmataria la radicale Rita Bernardini – che impegna gli uffici del parlamento «a rendere fruibili sul sito internet tutte le informazioni relative alla condizione patrimoniale dei deputati». A una condizione, però: serve la liberatoria del singolo parlamentare.
Com’è andata a finire? Ad oggi hanno dato il loro consenso solo 123 parlamentari su 945. L’87% ha dunque preferito alla trasparenza, una maggiore riservatezza. Più nel dettaglio a mettere on line redditi e proprietà , sui siti della Camera d’appartenenza, sono stati solo 29 senatori e 94 deputati, di cui due ministri: Renato Brunetta e Franco Frattini. Si viene così a sapere che il ministro per la Pubblica amministrazione il 28 novembre 2009 ha comprato a Riomaggiore, nelle Cinque Terre, «un’unità  immobiliare in corso di ristrutturazione, di circa 40 mq e annesso terreno di 253 mq», mentre il responsabile della Farnesina nel 2009 ha dichiarato un reddito complessivo di 238mila euro e l’anno scorso ha acquistato un immobile nel comune di Cornedo all’Isarco, in provincia di Bolzano.
Se si guarda ai partiti, all’anagrafe on line hanno aderito 27 parlamentari del Pdl, contro 69 del Pd. Su internet anche i redditi di otto parlamentari dell’Italia dei valori, cinque Udc, quattro di Futuro e libertà . Record negativo per i leghisti, con tre sole adesioni all’anagrafe degli eletti.
Quello che poi emerge è l’assenza di tutti i leader di partito, con la sola eccezione di Antonio di Pietro, che nel 2009 ha dichiarato un reddito di 181mila euro e l’anno dopo ha registrato la vendita di un fabbricato a Curno (Bergamo). E ancora: ben pochi aggiornano puntualmente l’anagrafe, la maggior parte è ferma alle dichiarazioni dei redditi del 2009, e nessuno indica le spese elettorali sostenute.
Non va meglio sul fronte degli enti locali. Stando al monitoraggio effettuato dal segretario radicale Mario Staderini, tra regioni, province e comuni in pochi hanno approvato e attuato l’anagrafe degli eletti. Tra i virtuosi, ci sono i comuni di Torino e Napoli, la regione Puglia, la provincia di Roma e, non senza qualche buco e omissione, ora anche il comune della Capitale. Altre amministrazioni locali hanno approvato con delibera l’anagrafe, ma non hanno ancora messo on line alcun dato patrimoniale. Tra questi, le regioni Campania e Basilicata (l’Emilia-Romagna sta ancora discutendo la relativa delibera) e le province di Chieti, L’Aquila, Frosinone, Pescara. Il comune di Milano ha messo su internet solo i redditi dei suoi consiglieri.

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