“Tangenti-Sesto, pagai fino a un miliardo di lire”
MILANO – Pagava così tanto i politici, sostiene l’imprenditore Piero Di Caterina, da dover tenere la contabilità del denaro che versava agli uomini del “Sistema Sesto”. Pagamenti a cifre variabili: una volta 450 milioni di lire, poi 120 o 79 milioni, fino al versamento più cospicuo, un miliardo di lire in un’unica tranche. Presunte tangenti, «in cambio di favori», all’allora sindaco Filippo Penati, poi presidente della Provincia e della federazione milanese dei Ds, o al suo fedele braccio destro Giordano Vimercati, ex capo di gabinetto in provincia, e all’assessore all’Urbanistica di Sesto, Antonino Di Leva.
Secondo le dichiarazioni rese ai pm di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia, titolari dell’inchiesta sul giro di presunte mazzette per sbloccare pratiche edilizie e ottenere varianti al piano regolatore, Di Caterina avrebbe finanziato i politici per un totale di due milioni 235 mila euro. La lista dei finanziamenti – un foglio A4 con la scritta “crediti verso Penati e Vimercati” – è nelle mani degli investigatori che cercano riscontri su ogni singolo passaggio di denaro. Versamenti che, secondo Di Caterina, erano prestiti al “gruppo Penati” in attesa delle tangenti che avrebbe pagato Giuseppe Pasini, il costruttore che ha denunciato oltre 5 miliardi di lire di tangenti per la riqualificazione dell’area Falck. Di Caterina ha chiesto con insistenza indietro i soldi, e a questo scopo sarebbe stata architettata la finta compravendita immobiliare tra Di Caterina e Bruno Binasco, del gruppo Gavio (anche lui indagato), con un preliminare che prevedeva una caparra da due milioni di euro. Una restituzione mascherata di capitali a Di Caterina per conto di Penati, indagato anche per finanziamento illecito. Proprio l’impossibilità di ottenere il resto dei “prestiti” ha spinto Di Caterina in procura, dove anche l’imprenditore Giuseppe Pasini stava parlando. Ora, dopo mesi di indagini, sono una ventina gli indagati. Oltre agli uomini politici, ci sono professionisti come l’architetto Marco Magni e nomi noti come l’immobiliarista Luigi Zunino e il “re delle bonifiche” Giuseppe Grossi.
Di fronte ai nuovi particolari dell’inchiesta, continua a difendersi e a respingere le accuse Filippo Penati. «Si tratta di ricostruzioni parziali, contraddittorie e unilaterali indotte da persone coinvolte nella stessa vicenda giudiziaria che con una montagna di calunnie mi stanno accusando per coprire i loro guai giudiziari – ha detto ieri l’ex presidente della Provincia di Milano, fino a otto mesi fa capo della segreteria di Pierluigi Bersani – . Dalle loro dichiarazioni ogni giorno affiorano sempre più i dubbi e i sospetti nei loro confronti. Piero di Caterina, quello delle mazzette ad elastico, per fare di nuovo notizia, è obbligato ad alzare il carico e spararla grossa, parlando di un miliardo in una sola volta. Ogni giorno che passa va in frantumi la credibilità dei miei accusatori ed emergono pesanti falsità e contraddizioni». Difende Penati anche il sindaco di Torino e dirigente del Pd Piero Fassino. «C’è un’inchiesta giudiziaria in corso, vediamo come prosegue. Ma molte delle cose che leggiamo si dimostreranno non vere».
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