“Strauss-Kahn non pagò la cameriera” Ipotesi vendetta per la denuncia di stupro
NEW YORK – A questo punto soltanto la promessa del suo avvocato potrebbe far uscire la cameriera che accusa di stupro Dominique Strauss-Kahn dal pozzo senza fondo in cui affonda la sua credibilità . L’ultima indiscrezione demolisce ulteriormente anche la credibilità della procura: la donna avrebbe continuato a prostituirsi perfino nell’albergo di Brooklin in cui l’avevano nascosta per proteggerla dalle offerte per ritrattare degli uomini di Dsk. Continuava insomma a incassare per la gang di narcotrafficanti della Guinea sotto gli occhi della magistratura di Manhattan.
Solo la promessa di uscire allo scoperto potrebbe a questo punto ridare un minimo di credibilità alle sue accuse. Finora nessuno ha visto la cameriera di cui qui si nasconde ancora l’identità . Ma il suo avvocato Ken Thompson, il nero che aveva fatto condannare i poliziotti bianchi di New York responsabili delle sevizie a un immigrato, giura che l’africana dice la verità e che adesso parlerà . Che il sesso ci sia stato ormai lo sanno purtroppo anche i bambini. La prima pagina del New York Post ieri rivelava l’ultimo scoop: Dominique Strauss-Kahn si rifiutò di pagarla e questo portò la donna a denunciarlo dopo una lite. Il racconto della solita fonte è sfacciatamente dettagliato. Era ancora in ginocchio quando il francese si voltò e cominciò a ricomporsi. Dsk aveve fretta per il pranzo con la figlia. E quella invece continuava a chiedere la mancia dopo l’extra per cui era stata piazzata lì dalla banda. Cash? Contanti? All’allora capo dell’Fmi, l’uomo che dispensava prestiti agli stati più bisognosi del mondo, dev’essere sembrata stranissima quella richiesta che forse rompeva regole mai scritte. I suoi avvocati hanno preso carta e penna per smentire: «Non c’è stato nessun litigio perché non si è parlato di denaro». Ma la dichiarazione non esclude ovviamente il rapporto confermato anche dal Dna.
Certo la cameriera sapeva chi fosse: la foto era appesa negli spogliatoi delle inservienti insieme quelle di tutti i vip dei quali dovevano prendersi cura. Non “quella” cura si spera. Anche se dalla Francia avanzano le ipotesi di complotto: il Sofitel è una catena francese e Dsk un avversario del presidente Nicolas Sarkozy. L’Eliseo sarebbe stato addirittura avvisato dallo stesso albergo prima che la notizia si propagasse in tutto il mondo: vero?
A raccontarla così naturalmente tutto quadra. Anche la telefonata con la caneriera avverte quell’amichetto della gang in carcere che alcuni sostengono sia suo marito: «Non ti preoccupare, so cosa ho fatto, quello è pieno di soldi». L’accusa come ricatto: ma allora perché non avrebbe cercato subito un accordo per ritrattare? Dice sul Nyt l’editorialista Maureen Dowd: «Quando un predatore abituale si scontra con una bugiarda abituale solitamente è sempre la bugiarda che perde: anche se questo è il raro caso».
È davvero questo il raro caso? Il predatore abituale ora è un uomo quasi libero che i reporter avvistano in giro per New York tra una cena da 700 dollari e una visitina al MoMa. Ma forse è ancora questa la convinzione del procuratore capo Cyrus Vance Jr («L’accusa resta in piedi») ora finito sulla graticola sempre del New York Times. Che dimentica di ricordare quando alla vigilia della nomina, qui elettiva, invitò a votare per lui. «Ha promesso di impegnarsi contro i colletti bianchi, contro il riciclaggio del denaro, contro i narcotrafficanti. E noi lo sosteniamo fortemente». Chi l’avrebbe detto che a caccia di colletti bianchi Cyrus il giovane sarebbe inciampato in un paio di pantaloni alla francese: incastrato da quei narcotrafficanti che giurava di combattere.
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