“Siria, un milione in piazza” 28 morti fra i dimostranti

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La rivolta siriana entra nel quinto mese, con un venerdì di protesta segnato da nuovi morti e feriti. Le forze di sicurezza fanno fuoco sui dimostranti in varie città  attraverso il Paese, con un bilancio fra i 14 morti, secondo l’Osservatorio dei diritti umani (Odu), e i 28 stando al calcolo dei Comitati locali di coordinamento. Un milione di manifestanti avrebbe riempito le piazze, raggiungendo il numero più alto dall’inizio della ribellione senza precedenti contro il regime. Se il dato, diffuso dall’Odu verrà  confermato, sarebbe in contrasto con le affermazioni diffuse di recente da alcuni comitati filogovernativi riguardo a un “progressivo calo” nella partecipazione ai cortei. Come dice all’Afp Rami Abdel Rahmane, dell’Odu, si tratterebbe di «uno sviluppo importante e di un messaggio rivolto alle autorità  per dire che le manifestazioni si amplificano».
Hillary Clinton, segretario di Stato americano in visita in Turchia, ribadisce che il presidente siriano Bashar al Assad «ha perso legittimità » in seguito alla repressione: «il Paese non può più tornare indietro», dice Clinton, e la situazione in Siria «è aperta». Robert Ford, l’ambasciatore di Washington a Damasco, avverte che il regime rischia di «essere spazzato via dalle piazze», e rivolge ad Assad l’invito «urgente» di «prendere la decisione difficile», e cioè di impegnarsi nelle riforme. Anche l’Unione europea esprime parole di condanna: in una dichiarazione rilasciata ieri fa sapere che continuerà  «a seguire e a rafforzare» la politica delle sanzioni contro la Siria. Il documento dovrà  essere ufficialmente adottato lunedì dai ministri europei degli Affari esteri.
Ieri in Siria gli scontri più duri sono avvenuti nella capitale e nelle periferie. A Damasco, nel quartiere di Midani, dopo le preghiere all’uscita della moschea Al Hassan, teatro di raduni da settimane, un imponente schieramento di forze della sicurezza ha disperso migliaia di dimostranti. Raffiche di armi da fuoco si sarebbero sentite nei quartieri di Qabun, con 10 morti, Jobar (almeno un morto), l’area curda di Rukn Eddin (3 morti), Duma (2), oltre a Deraa nel Sud al confine con la Giordania, e nella provincia di Idlib, a Nord. L’agenzia di Stato Sana accusa «bande armate», e attribuisce loro «morti e feriti fra i cittadini e le forze dell’ordine nei quartieri di Qabun e di Rukn Eddin». La tv pubblica aggiunge l’uccisione di un civile a Idlib, e di un agente della sicurezza a Homs.
Nella città  ribelle di Hama, invece, dove s’è vista la folla più numerosa, ieri non sarebbero avvenuti scontri. Stando agli attivisti, dopo un accordo raggiunto fra le autorità  e i rappresentanti di una delegazione cittadina, sono state smontate le barricate dalle strade principali. Restano quelle a protezione di alcuni quartieri, in attesa – dicono i militanti – che il governo mantenga le promesse, compresa quella di liberare tutti i prigionieri.


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