by Sergio Segio | 30 Luglio 2011 7:05
ROMA – Soldi cash. In nero. Ovvero quasi irrintracciabili. Dati ai partiti di riferimento dei consiglieri di amministrazione di Enav da Tommaso Di Lernia, l’imprenditore agli arresti domiciliari per finanziamento illecito ai partiti e corruzione nell’inchiesta Enav, per poter continuare ad assicurarsi gli appalti. Un giro che a volte era in chiaro, in altri casi, in nero, come nel caso dell’Udc a cui l’imprenditore avrebbe versato un finanziamento a tre zeri. Parole a cui gli inquirenti stanno però cercando ancora di trovare riscontro.
Ma il ciclone Di Lernia rischia di arrivare fino al cuore della politica. Mettendo a nudo un sistema che non sarebbe stato utilizzato solo da Enav&Co. Anche se ieri, nel day-after della pubblicazione della ricostruzione del suo verbale, è stata una corsa alle smentite. La prima smentita è arrivata dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, chiamato in causa da Di Lernia (circostanza che, però, ieri la sua stessa difesa ha smentito), come “referente” politico di alcune società che lavoravano in subappalto per Enav. Ha precisato, invece, di aver ricevuto versamenti «regolarmente registrati», il parlamentare Aldo Brancher, citato a verbale da Di Lernia per via della sua “Fondazione Casa delle Libertà “, destinataria di alcuni favori. Nega di aver ricevuto «alcuna utilità , compresi orologi» anche Guido Pugliesi, amministratore delegato di Enav (Di Lernia sostiene di averlo “omaggiato” con tre Rolex da oltre 20 mila euro». Travolta dalla bufera, e non solo per le parole dell’imprenditore, Selex Sistemi Integrati, la controllata di Finmeccanica guidata dalla moglie di Guarguaglini che, secondo l’accusa, sarebbe uno dei fulcri del sistema di false fatturazioni. L’azienda, ancora una volta, ieri ha smentito «in maniera categorica le ipotesi di irregolarità ». Ma è proprio da lì che è partita l’inchiesta della procura di Roma.
È intanto già all’esame di Luigi Ciampoli, procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma, la documentazione inviata dal procuratore capo di Roma, Giovanni Ferrara, sul “pranzo dei sospetti” tra il collega Giancarlo Capaldo e Milanese. Ciampoli dovrà decidere se trasmetterle al suo omologo della Cassazione e dare quindi il via ad eventuali rilievi di natura disciplinare. Capaldo, all’epoca, era già titolare di un’inchiesta su Finmeccanica.
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