“Ministeri al Nord anticostituzionali” ma Bossi sfida il Colle: “Restano lì”

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ROMA – I ministeri al nord sono «contro la Costituzione». Giorgio Napolitano perde la pazienza, e visto che da Berlusconi non è arrivata la promessa risposta ai rilievi sui “dicasteri” a Monza rende pubblica la durissima lettera (inviata martedì scorso) che sconfessa l’iniziativa. La capitale è Roma, i ministeri non possono traslocare a norma dell’articolo 114 della nostra Carta, «non ci si può spingere ad immaginare una sorta di capitale “diffusa”, “reticolare”, disseminata sul territorio». Stoppa tutto il presidente della Repubblica. Ma se il premier svicola, snobba la questione in Consiglio dei ministri dove si sarebbe limitato a raccomandare di «tenere in conto» i rilievi del capo dello Stato, arriva la sfida aperta lanciata da Bossi. «Stia tranquillo il presidente della Repubblica: i ministeri li abbiamo aperti e resteranno dove stanno». Perché non sono da considerare affatto, così sostiene il ministro delle Riforme, fuori dalla Costituzione: «La Carta non dice dove collocarli, e noi vogliamo fare come fanno in altri paesi europei, e lì mica sono scemi». Uno schiaffo al Quirinale, anche se poi il Senatur tenta malamente di frenare e la butta in caciara, «comunque nessuna rottura con Napolitano a meno che non voglia tenersi i mobili che ha portato via dalla Villa Reale di Monza…». Poi saluta, «vado nella capitale, a Milano».
Battute infelici che finiscono per irritare ancora di più il capo dello Stato, che a fronte di una sua contestazione basata su leggi e norme, assiste invece sgomento ad un balletto del governo fatto di silenzi, imbarazzi e reazioni sprezzanti. Ci si mette anche Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio «poteva risparmiarsi quella lettera, troppa eccitazione in materia». Clima pesante. Che Berlusconi, quando nel pomeriggio torna al Colle per il giuramento dei due nuovi ministri, prova a sciogliere con una barzelletta delle sue. «Sapete dove Silvio passerà  le vacanze? Presto detto: in giro a chiedere l’elemosina, dopo la sentenza Mondadori…». Con il capo dello Stato, colloquio brevissimo e gelido. Il premier rimanda alla riunione del consiglio dei ministri un possibile esame della vicenda Monza, annuncia a Napolitano che sta per operarsi alla mano. Dall’esecutivo poi salterà  fuori la nomina del nuovo sottosegretario Belcastro ma, una volta ancora, zero sulla faccenda dei ministeri. Come in mattinata, quando a fine riunione era stato un valzer di versioni contrastanti. Sacconi: non ne abbiamo parlato. La Gelmini: forse esce una nota del premier. Romano: ma certo che ne abbiamo discusso. Caos pieno.
Ma dal Quirinale restano in attesa dei passi del governo sul caso: vogliono capire come verrà  tradotto in pratica quel «tenere in conto» i rilievi del capo dello Stato. Il quale, comunque, avrebbe intenzione di non lasciare cadere la faccenda, e di tornare a far sentire la sua voce contro i ministeri tagliati “su misura”, con nuove iniziative. Preoccupato com’è della piega che prende lo scontro politico-istituzionale, della «politica irrimediabilmente divisa» come ha denunciato in mattinata al convegno dei radicali sulla giustizia. Tanto da spingerlo a rinviare di qualche giorno la partenza per le vacanze a Stromboli, prevista per oggi. Resterà  ancora a Roma, a seguire il voto di fiducia di oggi in Senato sul processo lungo e fino alla chiusura della Camera per la pausa estiva, programmata per la prossima settimana. «Ho l’impressione – ironizza il presidente della Camera, Gianfranco Fini – che Bossi stia giocando una partita tutta diversa da quella di Berlusconi». Per il sindaco di Roma Alemanno, il Senatur è «irresponsabile». Per il Pd, «fa solo propaganda».


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