“Il Congresso smetta di giocare con il fuoco”

by Sergio Segio | 24 Luglio 2011 6:31

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NEW YORK – La politica americana approfitta della domenica e della chiusura dei mercati finanzari per trovare un accordo in extremis sul deficit. Finora è stato tutto inutile, a cominciare dalle trattative tra Barack Obama e il leader dei repubblicani, John Boehner, che venerdì sera era andato via sbattendo la porta. «Mi devono però spiegare come evitare il default», aveva subito commentato il presidente, visibilmente irritato, convocando per ieri mattina tutti leaders del Congresso: un incontro breve – appena 50 minuti – in cui Boehner ha promesso di lavorare con i democratici Harry Reid e Nancy Pelosi su una soluzione parlamentare. Ma il tempo stringe. E la Casa Bianca avverte: «Il Congresso smetta di giocare con il fuoco».
In teoria il debito pubblico americano raggiungerà  il massimo previsto dalla legge martedì 2 agosto e solo allora, in mancanza di un innalzamento del tetto, si potrà  parlare di default, cioè di incapacità  del Tesoro di far fronte ai suoi obblighi. Ma le scadenze reali sono molto più ravvicinate: secondo la Federal Reserve bisogna avere chiuso la partita entro domani per avere la possibilità  tecnica di emettere nuovi titoli pubblici e garantire così la continuità  dei pagamenti di Washington.
Lunedì riaprono anche i mercati finanziari che, preoccupati delle conseguenze di un eventuale default – rialzo dei tassi di interesse; declassamento del rating americano; flessione del dollaro; contagio al resto del mondo -, rischiano di precipitare in un abisso. I dirigenti federali hanno già  predisposto piani dettagliati per far fronte all’eventuale “shut down”, la chiusura dello Stato per mancanza di fondi: sarebbero garantiti solo i servizi essenziali, mentre il resto dell’apparato burocratico verrebbe congelato. Un po’ come sta succedendo in queste ore alla Faa, l’agenzia per il trasporto aereo, che – a corto di finanziamenti – lascerà  lavorare i controllori di volo ma sospenderà  l’attività  di 4mila ingegneri e addetti ai cantieri.
Di fronte a questi pericoli e alla crescente frustrazione dell’opinione pubblica, la politica americana appare paralizzata. Condizionati dai conservatori del tea party, che rappresentano in questa fase la componente più vitale del partito, i repubblicani chiedono tagli drastici alle spese pubbliche, a cominciare da quelle sociali, e sono divisi sul tema delle tasse. Obama continua invece a sognare un “grande compromesso” per ridurre il deficit di 3mila miliardi di dollari in 10 anni attraverso flessioni della spesa e una riforma delle leggi fiscali che elimini gli sconti concessi da George W. Bush ai super-ricchi.
La destra, ovviamente, si oppone. Per evitare il default ipotizza un mini-aumento del tetto sul deficit, in modo da arrivare alle presidenziali del 2012 e poi rinegoziare la questione. «Ma il presidente è contrario a questa ipotesi», ha spiegato ieri il portavoce Jay Carney, «perché non eviterebbe il declassamento del rating e quindi un aumento degli interessi su carte di credito, mutui immobiliari e prestiti sulle automobili». Uno scenario, questo, che frenerebbe l’economia e la ripresa occupazionale negli Stati Uniti e altrove, mettendo in pericolo la rielezione di Obama nel 2012.

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