Parte dalla Siria la rivolta del Ramadan “Ogni notte in piazza contro il regime”
Dove il mantra ripetuto da settimane è lo stesso da Hama a Dara’a: «Sarà venerdì tutti i giorni durante il Ramadan». Ma anche in Egitto, Giordania, Bahrein, Yemen le opposizioni promettono di trasformare il mese sacro dell’Islam, che inizia domani, in un calvario quotidiano per i loro governanti. Con proteste non più settimanali, dopo la tradizionale preghiera del venerdì. Ma con manifestazioni ogni giorno. Anzi ogni notte, all’uscita dalle moschee: cruciali luoghi di ritrovo per i cortei anti-governativi da sette mesi che per quattro settimane saranno affollati più che mai.
Se ad agosto la primavera araba si preannuncia dunque più calda, rovente sarà di certo in Siria. Dove gli attivisti hanno annunciato da giorni sulla pagina Facebook “Syrian revolution 2011” che la protesta si sposterà nelle ore notturne. Quando, dopo la cena che rompe il digiuno osservato dall’alba al tramonto, le moschee saranno gremite per la preghiera del “tarawih”. Notti bianche dunque. Che le forze di sicurezza del presidente Bashar Assad potrebbero non affrontare con l’umore alto. Visto che, invece di trascorrerle in famiglia tra cibo e soap-opera come tradizione vuole, saranno a dare la caccia ai manifestanti. Per giunta in un’oscurità che renderà il lavoro più difficile. Con 10 mila moschee nel Paese, il regime sa bene che la protesta potrebbe non solo diventare quotidiana, ma allargarsi a nuove città e ceti. Un rischio tanto più probabile se le autorità proveranno a impedire l’ingresso nelle moschee. Non a caso l’establishment alawita è nervoso: e negli ultimi giorni arresti e sparizioni sarebbero aumentati, superando i 3.000 casi da marzo secondo gli attivisti.
Ma non è solo per Assad che l’arrivo del mese sacro, come dice Blake Hounshell di Foreign Policy, «è una cattiva notizia». L’analista yemenita Ahmad Saif prevede nuovi tumulti anche a Sana’a. Del resto un manifesto tra gli accampati che chiedono un cambio al potere avverte: «Il Ramadan arriva e le nostre tende sono ancora qui». In allarme sono anche i governi di Amman, Riad e Cairo. Che, nel timore che l’inflazione tipica da Ramadan possa aggiungere altro risentimento popolare, hanno adottato misure per tenere a bada i prezzi degli alimenti. Tutto da vedere è poi l’effetto-Ramadan sulla Libia. Dove se i ribelli digiuneranno difficilmente avranno la forza di avanzare fino a Tripoli. E dove amor di patria e osservanza religiosa rischiano di far spargere ancor più sangue. Visto che tra loro c’è chi dice che «il Ramadan è un buon periodo per diventare martiri».
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