Ok alla manovra da 47 miliardi

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ROMA – Il consiglio dei ministri approva la manovra per l’azzeramento del deficit entro il 2014. Dopo quattro ore di confronto interno al governo – che seguono le riunioni fiume dei giorni scorsi – alle otto di sera il premier Silvio Berlusconi e il ministro dell’Economia Giulio Tremonti si presentano nella sala stampa di Palazzo Chigi mostrandosi quanto mai affiatati. Insieme alla manovra da 47 miliardi passano la delega per la riforma fiscale in tre anni, quella assistenziale e il taglio dei costi della politica. Tutte misure che, al contrario dell’aumento del bollo per le macchine più potenti e il ritorno del ticket, scatteranno nella prossima legislatura. Così come viene rinviato il grosso del risanamento dei conti, con il prossimo governo che per arrivare al pareggio di bilancio nel 2013-2014 dovrà  trovare 20 miliardi all’anno a fronte dei 7 complessivi del biennio 2011-2012. Lo ammette lo stesso comunicato diramato da Palazzo Chigi al termine del consiglio dei ministri: «Le disposizioni non prevedono misure particolarmente severe per gli anni 2011 e 2012, proiettando gli interventi necessari al perseguimento degli obiettivi negli esercizi 2013 e 2014». Ma per Tremonti il risanamento dei conti «non è un obiettivo di ragioneria, bensì un obiettivo politico ed etico del Paese».
Come prima cosa di fronte alle telecamere il premier ringrazia il superministro per il lavoro svolto e sottolinea che la manovra è frutto di un lavoro collegiale all’interno del governo. Mette la sordina a mesi polemiche dentro il suo esecutivo – superato spostando i tagli avanti nel tempo – dicendo che «tutti i ministri erano concordi che senza rigore non c’è sviluppo». Poi chiede all’opposizione di «accettare il confronto (in Parlamento, ndr) senza pregiudizi», di essere responsabile, salvo poi annunciare sin da subito che sulla manovra il governo porrà  la fiducia (sono attesi «moltissimi emendamenti», si giustifica).
Richiesta irricevibile, dicono subito i partiti dell’opposizione. Per il segretario del Pd Pier Luigi Bersani la finanziaria è stata concepita da gente «impreparata», è fatta solo di tagli che la rendono «depressiva» e oltretutto «lascia per il 2013-2014 un buco che è una bomba a orologeria». In sintesi: «Noi questa minestra non la mangiamo». Chiude la porta anche il Terzo polo che, come spiega il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, bolla la manovra come «sleale perché scarica l’onere del provvedimento sul futuro». Chi il provvedimento lo apprezza è invece la Lega, che negli ultimi giorni aveva minacciato sfracelli se Tremonti non avesse accolto le richieste di Pontida. Il ministro Roberto Calderoli parla di «soddisfazione» perché «i tagli ai territori non sono fatti in maniera indiscriminata» e «andremo incontro alle amministrazioni virtuose punendo quelle sprecone». La revisione del Patto di stabilità  interno pretesa da Bossi. Ma è curioso che invece comuni e regioni boccino sonoramente la manovra. «Così si decreta la chiusura dei servizi comunali e il federalismo è al capolinea», afferma l’Anci. «Si mettono a rischio trasporto locale e sanità », aggiunge il presidente della Conferenza delle regioni Vasco Errani.
La vede in modo opposto, e non potrebbe essere altrimenti, Tremonti, che difende la sua manovra negando che lo spostamento dei tagli alla fine della legislatura serva a salvare il governo o sia frutto di un calcolo elettorale. Anzi, aggiunge, la sua finanziaria «è equilibrata tra correzione dei conti e sviluppo economico, un mix tra maggiori entrate e minori spese». Salvo poi ammettere che «chiunque si troverà  qui nel 2013-14 dovrà  fare questo e non ha alternative». Dal canto suo Berlusconi sfodera la consueta frase «non abbiamo messo le mani in tasca agli italiani», a parte qualche «piccolo» intervento imposto dalla situazione economica. Finite le dichiarazioni in diretta tv il premier si alza e ai cronisti chiede indulgenza: «Siate gentili, niente domande, siamo un po’ stanchi».


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