Obama si appella «al popolo»

by Sergio Segio | 27 Luglio 2011 7:01

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 L’impressione è che i duellanti si siano incartati. Casa Bianca e maggioranza repubblicana della Camera – alle prese con la necessità  di alzare il tetto del debito pubblico approvando un’apposita legge entro il 2 agosto – hanno per il momento fissato paletti definiti «insuperabili». E questo riduce la possibilità  di farli saltare all’ultimo momento, per raggiungere l’auspicato compromesso.

Era iniziata come una sceneggiata politica come tante altre e nessuno ha mai preso sul serio l’ipotesi che da martedì prossimo gli Stati Uniti – lo stato più potente (e indebitato) del pianeta – possano smettere di pagare stipendi e pensioni, restituire i debiti o gli interessi dovuti agli investitori sui propri titoli di stato. Un’eventualità  dalle conseguenze incalcolabili, per il buon motivo che non è mai avvenuto prima. Ma certo non indolore in un mercato globale già  sotto stress per via dei problemi del debito pubblico di molti paesi europei (Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia).
Barack Obama ha addirittura evocato l’Armageddon (la battaglia finale tra il bene e il male) tanto far apparire un ottimista il più incallito dei catastrofisti. Ma soprattutto ha deciso di muoversi per rompere la situazione di stallo nelle trattative. Lo ha fatto nel modo a lui più consono, anche se prevedibile: un messaggio televisivo della durata di un quarto d’ora, molto serio e intenso, per dare a ogni singolo spettatore la misura esatta della gravità  delle situazione dal suo punto di vista.
Ha abilmente ricostruito l’origine dello spaventoso debito pubblico Usa ricordando che nel 2000 – al termine degli otto anni di Bill Clinton – il bilancio statale era addirittura in attivo. Il «buco», diremmo in Italia, è tutto merito di Bush junior, che ha fatto «due guerre pagate con la carta di credito e mi sono ritrovato con un deficit corrente di 1.000 miliardi solo nell’anno in cui sono entrato alla Casa Bianca». Ora bisogna ridurre il disavanzo e, come sempre, lo si può fare seguendo strade opposte: tagliare le spese o aumentare le tasse. Oppure l’«approccio bilanciato» – già  un compromesso, dunque – ossia un mix di tagli e «riduzione di detrazioni» per il 2% più ricco della popolazione. Obama è pressato da sinistra, nel suo campo; si avverte quando dice che bisognerà  «fare tagli dolorosi alla sanità  e alle pensioni, portando le spese sociali al più basso livello agli anni ’50». E quindi com’è possibile che «gli amministratori delegati degli hedge fund pagino meno tasse delle loro segretarie»?
Obama respinge – è disposto a metter il veto presidenziale – il piano dei repubblicani: 900 miliardi in più subito per il «tetto» e altri 1.200 a gennaio. «I mercati non ci crederebbero, è un gioco pericoloso». Fino alla minaccia finale: «se siete a favore del mio approccio, chiamate i vostri rappresentanti al parlamento, fate sentire la vostra voce». Detto fatto: il sito della Camera è andato in panne per eccesso di mail.
Ma Obama sa di non poter stravincere, e quindi vuole «convincere» la destra. In fondo è stato Ronald Reagan a dire «non preferireste ridurre il deficit chiamando a contribuire anche quelli che non pagano abbastanza»? E sempre lui era riuscito ad innalzare per ben 18 volte il «tetto» del debito pubblico. Ma la bilancia all’interno del Grand Old Party sembra ormai pendere verso quel crogiuolo di retrogradi radunato intorno ai Tea Party promossi a suo tempo da Sarah Palin.
Così, pochi minuti dopo il suo appello, le tv mandano un plumbeo John Boehner, capo repubblicano alla Camera, che sciorina frasi fatte: «il presidente continua a chiedere un assegno in bianco»Chiusura totale.
Anche «i mercati» ci mettono la loro pietruzza. Danno a vedere di non credere affatto alla possibilità  di un default o di un abbassamento del rating; anzi, da qualche parte è stata messa in giro persino la voce che il 2 agosto «non sarebbe in realtà  un limite invalicabile». Tanto da costringere una Casa Bianca sull’orlo di una crisi di nervi a ribadire che «abbiamo toccato il tetto del debito lo scorso maggio. Dal 2 agosto non abbiamo più possibilità  di svicolare. Questo lo dicono i funzionari del Tesoro e gli analisti, dal 2 agosto perdiamo la capacità  di prendere denaro a prestito e rischiamo il default». Naturalmente, «pensiamo che alla fine il Congresso agirà  in modo appropriato». Una scommessa o carte coperte?

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