Obama apre la porta al gigante dei telefoni

by Sergio Segio | 14 Luglio 2011 6:09

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NEW YORK – E’ un’offerta che Barack Obama non può rifiutare: come si fa a contrastare un affare da 39 miliardi di dollari? La più grande azienda telefonica americana si mangia la quarta: la mitica AT&T, la compagnia fondata da Alexander Bell, l’uomo che rubò l’invenzione del telefono ad Antonio Meucci, ingloba T-Mobile, la giovane creatura di Deutsche Telekom.
E’ una delle più grandi acquisizioni nella storia delle telecomunicazioni. Un supernetwork che controllerà  130 milioni di abbonati: cioè più della metà  dell’intera popolazione d’America. Otto contratti di cellulari su dieci. Un’operazione così imponente che proprio per questo attende l’imminente via libera dell’Antitrust. Cioè del governo Obama. Dubbi? Tanti. Perché oltre ovviamente ai poteri forti che spingono per il matrimonio, Barack è costretto a confrontarsi con gli altri due “partiti”. Da una parte i consumatori che temono un aumento dei prezzi senza aumento dei servizi. E dall’altra i sindacati che confidano invece in nuovi posti di lavoro. Due categorie sociali che rappresentano due basi fondamentali del suo elettorato.
Che fare? Non è la prima volta che la sua Amministrazione dà  il via libera a un grande merger. Anzi. Proprio il presidente che i conservatori accusano di socialismo ha già  messo la firma sotto due matrimoni che spingono verso quello che Karl Marx riteneva l’inevitabile sviluppo del capitalismo: il monopolio. La rete internet e tv di Comcast s’è già  “pappata” le tv di Nbc Universal. E United Airlines e Continental hanno dato via alla più grande compagnia aerea che abbia mai solcato i cieli del mondo. Anche in questi casi per la verità  si erano sollevate le critiche dei consumatori. Che nel caso del matrimonio tra i colossi del telefono hanno però dato vita a una vera rivolta.
I timori sono i soliti: meno concorrenza vorrà  dire meno offerta e meno servizi. E quindi prezzi più alti. La fusione ridurrà  a tre, AT&T, Verizon e Sprint, gli operatori nazionali. La stessa Sprint – che prima del matrimonio stava essa stessa corteggiando T-Mobile – ha fatto ricorso all’Antitrust, denunciando gli eccessi della posizione dominante. Ma gli esperti prevedono che in caso, probabilissimo, di sconfitta, sarà  schiacciata dal gigante che verrà : riducendo i protagonisti a due.
A rendere ancora più tesa la situazione c’è l’addio di Christine Varney, il capo dell’Antitrust, che malgrado i semafori verdi accesi ha reso più severi i lavori della commissione, guadagnandosi le antipatie della grande industria. E la delusione dei consumatori per la melina di Barack che ancora non ha sciolto le riserve su Elizabeth Warren: sarà  lei, l’Erin Brockovic odiata dai big della finanza, a guidare quell’Ufficio per la Protezione del consumatore previsto dalla riforma Wall Street?
La battaglia è aperta. At&T sbandiera le migliorie da sogno che porterà  a una linea telefonica per la verità  zoppicante: T-Mobile era già  all’avanguardia nella trasmissione 4G, la quarta generazione, che adesso verrebbe metabolizzato dal gigante. Gli investimenti sulla linea da 8 miliardi di dollari, giurano i sindacati, porteranno poi la bellezza di 100 mila posti di lavoro. Ma l’American Antitrust Institute replica: «Avete mai visto», dice al Washington Post, «una fusione che porta nuovi posti di lavoro?». E avete mai visto un presidente che si mette contro, in un colpo solo, ai padroni e ai sindacati?

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