Morto Manca, il papà  della Rai anni Ottanta

by Sergio Segio | 6 Luglio 2011 7:27

Loading

Ma senza dimenticare che Manca è stato un socialista, e più precisamente uno di quei socialisti che nel centrodestra non sono voluti andare, nemmeno quando l’allora Pds (siamo nel ’ 94) non se la sente di offrirgli un seggio in Parlamento. E un socialista che nell’ 86, quando arriva, anzi, quando torna a viale Mazzini, ha una lunga e importante storia politica alle spalle: comincia da ragazzetto nel Psu di Ignazio Silone, prosegue prima nella sinistra socialdemocratica, poi, dal ’ 59, nel Psi. Manca diventa il pupillo di Francesco De Martino. Ma nel luglio del 1976, quando, dopo la sconfitta elettorale, la segreteria De Martino vacilla paurosamente, è lui, che controlla larga parte della corrente, a prendere le distanze dal professore (un parricidio?), e a risultare decisivo nell’affermazione di Bettino Craxi.
L’intesa, tutta tattica, dura poco. Forse anche perché il nuovo segretario, sospettoso com’è, tiene a mente la battuta, per nulla profetica, che Manca si lascia sfuggire al Midas: «È come la rivoluzione dei colonnelli in Egitto. Craxi è Negib, durerà  poco. Io sono Nasser, che lo soppiantò e durò a lungo» . Ma soprattutto perché tra i due non c’è accordo politico: Bettino l’autonomista cerca con ogni mezzo spazio tra le invincibili armate democristiana e comunista, per Manca (che ha un filo diretto con B o t t e g h e Oscure, e soprattutto con Franco Rodano) i socialisti debbono essere l’ala marciante della coalizione, e tentare di prenderne la guida.
Al congresso di Torino, nella primavera del ’ 78, è battaglia aperta, e la vittoria arride alla coppia Craxi-Signorile, che a sua volta si scioglierà  di lì a poco. Non è facile, neanche per un politico di indiscutibili capacità  manovriere come Manca, ritrovarsi in minoranza nel Psi dell’epoca, specie con incollata addosso l’etichetta di amico dei comunisti.
Debole nel partito, va al governo: vorrebbe le Partecipazioni statali, Craxi gli dà  solo il Commercio estero, prima con Francesco Cossiga, poi con Arnaldo Forlani a Palazzo Chigi. Anche la stagione ministeriale (il nome di Manca compare nelle liste della P2 rinvenute a Castiglion Fibocchi, ma lui, anche con il conforto di una sentenza del tribunale di Verona ha sempre negato di averne fatto parte) è destinata a finire presto. Nel 1986, quando Sergio Zavoli lascia, arriva la presidenza della Rai. Chi pensa che a viale Mazzini, negli anni dell’ascesa delle tv berlusconiane, Enrico vada a fare l’uomo di Craxi non coglie nel segno. E non solo perché tra i due non mancano i dissapori. Certo, restano memorabili le contese con il direttore generale Biagio Agnes, amico e sodale di Ciriaco De Mita, che in anni lontani aveva guidato il telegiornale di cui Manca era caporedattore. Ma sia Manca sia Biagione, pure tanto diversi, sono, in ultima analisi, uomini Rai. E poi Manca interpreta il suo ruolo senza mettere da un canto le sue posizioni politiche, che coincidono solo in parte con quelle del leader socialista, cui di lì a poco, quando comincerà  a profilarsi la crisi finale del Psi, darà  l’ultima battaglia. La partita si gioca, eccome, anche a viale Mazzini, ed è forse una delle ultime, grandi partite della Prima Repubblica. Un esempio per tutti. Ricorda Aldo Grasso nella sua storia della televisione italiana che sono Manca, Agnes e Walter Veltroni, al ristorante, a decidere che al Pci spettano la direzione di una rete televisiva, la terza, e quella del suo telegiornale: toccheranno rispettivamente ad Angelo Guglielmi e a Sandro Curzi. Lottizzazione allargata? Certamente sì. Ma non deve essere un caso, e deve entrarci qualcosa anche Manca, se in giro si comincia a sentire un po’ di nostalgia. Ciao Enrico.

Post Views: 152

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2011/07/morto-manca-il-papa-della-rai-anni-ottanta/