Missioni, oggi il via libera

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Un emendamento della Lega che di fatto rischia di liberalizzare la vendita delle armi blocca il decreto sul rifinanziamento delle missioni all’estero, che ieri sera sembrava avviato all’approvazione da parte del Senato. La novità  è uscita in serata, dopo che maggioranza e opposizione erano riuscite a trovare un accordo che consente di stanziare maggiori fondi alla cooperazione internazionale, un punto sul quale il Pd aveva insistito per l’intera settimana.
A pochi giorni dalla tragedia di Oslo, l’emendamento della Lega suona come una provocazione nell’aula di palazzo Madama. Il testo presentato propone una modifica della normativa del 1975 sulle armi e le munizioni da guerra prevedendo l’abolizione del catalogo nazionale delle armi comuni. «Una follia» per il senatore del Pd Felice Casson. «La cancellazione del catalogo – spiega il vicecapogruppo democratico – rischia di portare a una liberalizzazione incontrollata delle armi», con conseguenze facilmente immaginabili. Contrari all’emendamento anche l’Udc e l’Italia dei valori. «Abbiamo capito perché la Lega vota la proroga delle missioni di pace: per favorire le lobby padane delle fabbriche di armi», spiega il capogruppo dell’Udc Giampiero D’Alia.
L’emendamento del Carroccio non ha nulla a che vedere con l’oggetto del decreto in discussione, che riguarda invece il rifinanziamento delle missioni all’estero in cui sono impegnati i soldati italiani. Il presidente del gruppo Federico Bricolo nega che si tratti di una stratagemma per facilitare la vendita delle armi da fuoco, spiegando che lo scopo è solo quello di allineare l’attuale normativa a quella europea. Fatto sta che il presidente Renato Schifani decide di sospendere la seduta per 30 minuti, dando così alla Lega il tempo di riformulare l’emendamento. Alla fine però si decide di stralciare la modifica trasformandola in un ordine del giorno. L’aula riprende invece oggi la discussione sul decreto e il relativo voto.
Fino ala momento in cui la Lega ha presentato il suo emendamento per il decreto la strada sembrava ormai essere tutta in discesa, grazie anche alla decisione del Carroccio di votare a favore (con la sola eccezione del viceministro Roberto Castelli). Maggioranza e opposizione hanno trovato anche un accordo per reinserire nel decreto i fondi alla cooperazione tagliati da Tremonti, anche se in due momenti diversi: dei 16,5 milioni previsti inizialmente, 8 vengono previsti subito, e 8,5 con la manovra correttiva prevista in autunno. La copertura sarà  garantita dal bilancio del ministero degli Esteri.
Un passo avanti, che permette al Pd di votare il decreto anche se almeno una decina di suoi senatori mantiene ferma l’intenzione di votare contro. Tra questi Ignazio Marino, Roberto Della Seta, Felice Casson, Roberto Di Giovan Paolo e i senatori radicali Emma Bonino, Marco Perduca e Donatella Porretta. «Dei finanziamenti previsti nel decreto solo l’1,9% è destinato alla cooperazione, e il 98,1% alle missioni militari», spiega Della Seta motivando la scelta di votare No. Ma non si tratta dell’unico motivo: «Il decreto contiene anche la deroga al reato di eccesso colposo di legittima difesa per i militari italiani all’estero – prosegue il senatore -, e questo è inaccettabile, anche perché è un modo per non valutare la professionalità  dei soldati».
Contraria al decreto anche l’Italia dei Valori. «Noi – ha detto il suo leader Antonio Di Pietro – votiamo a favore dell’articolo 11 della Costituzione, che vieta all’Italia di fare la guerra».


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