Milanese e quel pranzo con il procuratore Capaldo
NAPOLI — Nel dicembre 2010 ci fu un incontro riservato tra il ministro Giulio Tremonti e il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo, il titolare delle inchieste su Finmeccanica e sulla cosiddetta P3. Il pranzo, avvenuto nell’abitazione di un avvocato romano, fu organizzato da Marco Milanese, all’epoca consigliere politico del responsabile dell’Economia.
È una delle rivelazioni contenute negli atti che il pubblico ministero Vincenzo Piscitelli ha trasmesso alla Camera in vista della riunione della giunta per le autorizzazioni a procedere che si riunirà mercoledì e dovrà decidere sulla richiesta di arresto del parlamentare pdl accusato di associazione a delinquere, corruzione e rivelazione di atti coperti da segreto. I documenti processuali inviati in Parlamento aggiungono numerosi dettagli sull’attività del deputato, sui soldi che ha gestito negli ultimi anni e soprattutto sulla «rete» di relazioni che era riuscito a costruire.
Un gruppo di potere dal quale Milanese sembra adesso prendere le distanze: durante l’ultimo interrogatorio che si è svolto qualche giorno fa di fronte ai magistrati Henry John Woodcock e Francesco Curcio — che indagano sul gruppo che farebbe capo all’uomo d’affari Luigi Bisignani e al parlamentare pdl Alfonso Papa — avrebbe rivelato nuove circostanze. E mostrato una volontà di collaborazione che potrebbe portare gli accertamenti verso nuovi e clamorosi sviluppi.
«Per farli conoscere»
È il 17 marzo scorso quando Milanese viene sentito per la prima volta dai magistrati che indagano sulla cosiddetta P4. Gli viene chiesto che cosa sappia di un incontro tra Tremonti e Capaldo. Lui risponde di esserne stato testimone. E così lo ricostruisce: «Si tratta di un pranzo che avvenne nel dicembre del 2010 a casa dell’avvocato Luigi Fischetti. Era stato lui a dirmi che il procuratore aggiunto voleva conoscere il ministro e dopo una serie di rinvii riuscimmo a farli vedere» . Il legale non è mai stato convocato in Procura, però accetta di fornire la propria versione: «È vero, ci fu questo pranzo, ma non fu certamente Capaldo a sollecitarlo. Anzi, andò esattamente al contrario visto che qualche settimana prima era stato proprio Milanese a chiedermi di fare da tramite perché Tremonti aveva piacere di conoscerlo» .
Sia Fischetti sia Milanese negano con decisione che si siano affrontati argomenti relativi a procedimenti giudiziari: «Fu un’occasione di incontro, ma nulla di più» .
Per i magistrati napoletani che indagano sulla fuga di notizie relative ad alcune indagini in corso, si tratta però di una circostanza da approfondire. Nel dicembre 2010 era infatti in pieno svolgimento l’inchiesta condotta da Capaldo sulla presunta creazione di «fondi neri» da parte di alcune aziende controllate o collegate a Finmeccanica. Accertamenti che avevano fatto fibrillare il titolo in Borsa, anche perché si era saputo da poco che Lorenzo Cola, il consulente del presidente e amministratore delegato Pierfrancesco Guarguaglini, aveva deciso di collaborare con gli inquirenti svelando i retroscena di tutti gli affari gestiti per conto del vertice della holding.
Contanti e sterline
Nel plico spedito a Montecitorio ci sono le cene, gli incontri riservati, le relazioni di potere che Milanese avrebbe sfruttato per ottenere soldi in cambio di nomine e appalti. E proprio seguendo il flusso del denaro i magistrati vogliono individuare eventuali altre persone che potrebbero aver avuto rapporti illeciti con il deputato. Uno dei misteri sul «tesoretto» già individuato riguarda la vendita di sterline d’oro per un valore di 237.600 euro avvenuta il 14 maggio 2010. Il pubblico ministero Piscitelli ha interrogato il direttore del Credito agricolo che si occupò della transazione con la Cashgold. «Milanese— ha sostenuto il funzionario — mi disse che gli erano arrivati dall’eredità del padre che era morto» .
In realtà il padre di Milanese è vivo e in salute, come hanno accertato gli investigatori della Digos. E dunque, da dove provengono quei soldi? «Non c’è alcun mistero — afferma l’avvocato Bruno Larosa, difensore del deputato insieme al professor Franco Coppi — perché il deceduto era il padre della moglie, come dimostreremo durante l’audizione in Parlamento» . In realtà , proprio riguardo ai rapporti con l’ex moglie, i magistrati stanno cercando di recuperare un accordo riservato stilato prima della separazione consensuale e di cui si fa menzione nella sentenza depositata presso il Tribunale di Milano.
«I coniugi attestano di avere inteso qui regolare i soli rapporti personali e patrimoniali direttamente connessi alla separazione, precisando di aver definito con separata scrittura ogni diverso profilo, anche economico, delle loro relazioni» , si legge nel documento e adesso si vuole verificare se questo «patto» abbia favorito in qualche modo l’occultamento di beni. Anche tenendo conto della testimonianza di Guido Marchese, il commercialista di Pavia arrestato e poi scarcerato in questa inchiesta, che si occupò della vendita della casa di Cannes, in Costa Azzurra. «A garanzia di un assegno circolare— ha affermato— Milanese ci diede 250mila in contanti» . Il vescovo di Pompei Nuove verifiche sono state disposte pure sui due appartamenti al centro di Roma che Milanese ha ottenuto in affitto dal Pio Sodalizio dei Piceni.
Angelo Proietti, il costruttore che ristrutturò gratuitamente quello da 200 metri quadri poi dato in uso a Tremonti, ha raccontato che «il tramite con Milanese fu il vescovo di Pompei, me lo raccomandò affinché ottenesse gli alloggi» . Quello dell’imprenditore è ormai un ruolo chiave nell’inchiesta visto che con la sua Edil Ars si è aggiudicato decine di appalti della Sogei, la società d’informatica che appartiene al Tesoro, ed è indagato per corruzione con lo stesso Milanese e con l’ex presidente Bruno Trevisanato. Sospettato di aver ricambiato le «commesse» milionarie effettuando i lavori nelle case dello stesso parlamentare e di altri dirigenti del ministero dell’Economia.
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