by Sergio Segio | 20 Luglio 2011 6:23
ROMA — Un pomeriggio di festa che si trasforma in tragedia. Una serata di lutto che sfocia in un’aggressione a un medico del pronto soccorso. E l’ospedale San Filippo Neri che torna alla ribalta della cronaca per un altro «camice bianco» pestato.
Nel dicembre scorso era toccato a due medici e un infermiere fare le spese della rabbia dei familiari di un paziente deceduto. Lunedì sera al pronto soccorso è finito con il volto tumefatto il medico di guardia, colpito a calci e pugni dal patrigno di una bimba di 10 anni, morta dopo essersi sentita male in piscina a Casalotti, periferia nord-ovest. Alle 19 circa la piccola perde i sensi dopo essere uscita dalla vasca.
La madre e il compagno si precipitano per soccorrerla ma la bambina, forse vittima di una congestione, è cianotica. I minuti passano in un lampo. Viene chiamata l’ambulanza, un medico tenta la rianimazione con il defibrillatore, ma le condizioni della bimba sono disperate. L’ospedale più vicino è il San Filippo Neri, l’ambulanza con la bimba intubata ci arriva in pochi minuti. «La paziente— spiegano dall’azienda ospedaliera— è giunta alle 19.18 priva di coscienza in arresto cardiorespiratorio. Nella sala emergenza del pronto soccorso c’erano il medico d’urgenza e l’anestesista rianimatore con tutta l’équipe, preavvisati dal 118. Per un’ora e 50 minuti, senza interruzioni, sono state praticate tutte le manovre rianimatorie, già iniziate dal 118, secondo i protocolli, ma tutti i tentativi sono stati vani» .
Fuori, in corridoio, ci sono la madre— che ha altre due figlie — e il compagno. Piangono, si disperano. Il medico, accompagnato da due colleghi e da una guardia giurata, si avvicina per comunicare loro che la piccola non ce più. Una notizia terribile, la peggiore di tutte, data — secondo la direzione dell’azienda ospedaliera— «secondo i canoni etici» . Ma in casi come questi i «canoni» si scontrano con il dolore e con reazioni imprevedibili. E così mentre uno dei medici invita la madre della bambina ad assumere un tranquillante, il patrigno perde il controllo. Si avvicina, chiede spiegazioni. «Sei tu che cercavi di rianimarla?» , chiede, ma non aspetta la risposta del medico: gli assesta una gomitata al volto, gli spacca un labbro, e quando il dottore si affloscia sul pavimento, l’uomo lo prende a calci. E non la smette più. Alla scena assistono i colleghi del medico e il vigilante. Poi arriva la polizia. Trauma cranico e ferite al volto: il dottore ne avrà per 20 giorni. Ha già sporto denuncia ai carabinieri contro il patrigno della bimba.
A fianco dell’aggredito si schiera tutto l’ambiente medico. L’Ordine provinciale di categoria («C’è un clima di caccia alle streghe, ma non si può tacere che il terreno di cultura nel quale si perpetuano aggressioni verbali e fisiche trovi concime nel progressivo depauperamento del Servizio sanitario pubblico» ) e l’Anaoo Assomed («Basta criminalizzarci » ) annunciano di volersi costituire parte civile contro il picchiatore. E il Tribunale dei diritti del malato del Lazio segnala «la scarsa sicurezza negli ospedali romani, dove non ci sono sufficienti presidi delle forze dell’ordine» .
Preoccupato il dg del San Filippo Neri, Domenico Alessio: «Comprendiamo la disperazione dei familiari della bimba — spiega —, ma nulla giustifica atti di grave violenza. Una preoccupante escalation contro una categoria che, fra mille difficoltà , porta avanti nella stragrande maggioranza dei casi il suo lavoro con estrema professionalità . Quel medico ha cercato di salvare la bimba» .
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