L’unità parte dai diritti
Chi pensa che la rottura possa avere un effetto palingenetico, liberatorio, si sbaglia di grosso. Ha ragione Maurizio Landini a dire che la Fiom non intende uscire dalla Cgil per la semplice ragione che la Fiom è la Cgil, l’ha fatta nascere. La Fiom fa i suoi primi vagiti nel 1901 come sindacato generale e tale è rimasto nei 110 anni della sua vita.
La Fiom dà e darà battaglia per far passare, nella sua confederazione una diversa e più compiuta idea di democrazia. C’è però chi, come Emanuele Macaluso sul Riformista di ieri, legge l’accordo siglato da Cgil, Cisl e Uil con la Confindustria come un passo avanti nella ricostruzione dell’unità sindacale. Dunque è buono, e male fa Landini a parlare e comportarsi come gli estremisti parolai del manifesto. Per sostenere la sua tesi Macaluso ricorda il ruolo fondamentale svolto dai metalmeccanici della Flm nel superamento delle rotture degli anni ’50. E qui Macaluso sbaglia, perché dimentica che l’unità della Flm all’inizio degli anni ’70 fu costruita nelle fabbriche, grazie alle lotte comuni degli operai nell’autunno caldo che imposero il superamento delle sigle e il rimescolamento delle appartenenze. Oggi, al contrario, l’unità di Cgil, Cisl e Uil è un’operazione di vertice che divide i lavoratori ed è spinta da motivi politici e non sindacali. Sancisce una riduzione della democrazia, dei diritti e della partecipazione dei lavoratori proprio mentre nel paese cresce una domanda di democrazia, diritti, partecipazione. È dentro questo vento di libertà che può rinascere un’unità vera, non nei sottoscala di Confindustria, sotto la spinta del Marchionne pensiero.
Emanuele Macaluso, che è un vecchio compagno, ricco di esperienza e storia, dovrebbe osservare la realtà di oggi, che è di oggi e non di un passato piuttosto lontano.
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