by Sergio Segio | 27 Luglio 2011 6:28
MILANO— Trattamento illecito di dati protetti. Dossieraggio. Violazione delle regole sulle privacy. Sono i reati sui quali indaga il pm bresciano Fabio Salamone.
Sotto accusa l’assessore regionale allo Sport Monica Rizzi, leghista e unica donna nella giunta di Roberto Formigoni in Lombardia. E nell’inchiesta sarebbe coinvolta anche Adriana Sossi, «sensitiva» , titolare dell’agenzia investigativa Cagliostro: la «maga» è la sorella di un assessore di un piccolo comune del Bresciano. Al Pirellone era stata assunta per curare la rassegna stampa della Rizzi che, secondo l’accusa, ha chiesto al maresciallo delle Fiamme Gialle Francesco Cerniglia di entrare in alcuni database protetti. Metodo Boffo in salsa «padana» ? L’interessata smentisce decisamente: «Sono nella Lega da 25 anni, festeggio le nozze d’argento. Se avessi saputo di dossier e simili porcate, me ne sarei andata un minuto dopo» . Ancora più sorprendente però è il presunto obiettivo dei faldoni «illeciti » .
Raccogliere informazioni «sensibili» sugli avversari politici nel Carroccio. Nemici «interni» da tenere sotto schiaffo per favorire indirettamente l’ascesa politica di Renzo Bossi. Tutto inizierebbe dalla campagna elettorale per le Regionali di due anni fa. All’Umberto viene l’idea: lanciare il non ancora Trota nella politica «vera» . Niente listino bloccato, però. Il ragazzo deve farsi le ossa. Da solo. O quasi. Con l’aiuto magari di qualcuno che il territorio, il Bresciano, lo conosce davvero bene. «Ho visto Renzo crescere, da quando veniva tutte le estati a Ponte di Legno» , si giustifica la Rizzi. E allora, ecco l’incarico. Far eleggere Bossi junior a colpi di preferenze. Ci riuscirà , la Rizzi. E in cambio ne ricaverà un posto in giunta, con le deleghe allo Sport e ai Giovani. Tutto bene? No, perché secondo l’accusa, il confine della realpolitik sarebbe stato ampiamente superato.
Doveva essere il Penati day, ieri in Consiglio regionale. L’ex sindaco di Sesto, l’uomo forte del Pd lombardo, chiamato a raccontare la sua versione sulle presunte tangenti sull’area Falck. Scena, e telecamere, se le ruberà invece l’assessore lumbard. Gli uomini della polizia giudiziaria arrivano al Pirellone a metà mattina, dopo essere già stati a casa della Rizzi. Cercano documenti, carte. Cercano le prove della macchina del fango. Fango verde padano. Perché il caso nasce in «casa» .
Lo scorso aprile, un ex collaboratore dell’assessore Marco Marsili e il giornalista Leonardo Piccini avevano presentato denuncia in procura. E anche ieri qualche leghista di lunghissima militanza ha esultato neanche troppo di nascosto alla buvette.
La primissima replica della difesa tocca al legale Alessandro Diddi: «C’è qualcuno che, negli ultimi mesi, sta occupando il suo tempo per cercare in tutti i modi la delegittimazione dell’assessore» . Lei invece sceglie i toni bassi, «morbidi» . La vendetta di qualcuno che non ha mai digerito la vicinanza con la famiglia Bossi? «Se così fosse, non sarebbe più la Lega che ho sempre conosciuto. Certo, è vero: io rispondo direttamente all’Umberto. Per me la Lega è lui» .
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