«Uccidete il sionista» L’ombra dell’Iran dietro la bomba turca

by Sergio Segio | 17 Luglio 2011 8:13

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WASHINGTON— Sono le 8.58 del 26 maggio. Una bomba, celata su un motorino, esplode ad un incrocio nel quartiere di Etiler a Istanbul, Turchia. Sei i feriti, tra i quali una donna alla quale devono amputare una gamba.
La stampa accusa i separatisti curdi. Ma è una falsa pista. I servizi di sicurezza sanno che i responsabili sono altri. Sono venuti dall’estero e il loro obiettivo non erano i passanti. L’attentato — secondo quanto hanno rivelato fonti mediorientali — aveva come target il console israeliano. A sistemare la bomba un team di tre uomini, legati agli 007 iraniani.
Una risposta all’uccisione di uno scienziato nucleare avvenuta a Teheran nel novembre 2010. Anche allora c’era di mezzo una moto. L’hanno usata due uomini per avvicinarsi alla vettura del bersaglio e applicarvi una bomba «adesiva» . Per i mullah non vi sono dubbi, l’attacco è da attribuire al Mossad. Quello di Istanbul, dunque, è solo un altro episodio — sconosciuto— della guerra segreta che si combatte dal Medio Oriente all’Europa. L’agguato nel quartiere Etiler è stato preparato con largo anticipo.
Ambienti investigativi ritengono che l’Armata Qods, l’apparato clandestino dei pasdaran, abbia inviato una squadra di sorveglianza. Hanno studiato le mosse del console, hanno osservato i suoi percorsi. Poi hanno scelto il luogo migliore: una curva vicino ad un cavalcavia, un punto dove le auto sono costrette a rallentare. L’ordigno è stato celato su una bicicletta elettrica — un sistema usato spesso nella regione — parcheggiata sul lato della strada.
Per attivarla un radiocomando. La mattina del 26 maggio nella zona erano presenti tre elementi. Il primo — il coordinatore — era poco lontano dall’incrocio. Poi c’era una vedetta, mimetizzata tra i passanti in attesa di un bus. Infine l’artificiere, l’uomo che ha fatto esplodere la trappola. Non è sicuro ma non si esclude che il team abbia avuto l’assistenza di una seconda «squadra» per la fuga. Il piano, ben congeniato, è fallito per le contromisure adottate dal diplomatico israeliano e dai servizi antiterrorismo locali. La prevenzione ha funzionato e i turchi, anche se non amano parlarne, sono consapevoli di cosa combinano i loro vicini. È probabile che questa missione sia stata affidata a tre libanesi dell’Hezbollah entrati nel Paese con passaporti iraniani «puliti» .
Una volta a Istanbul hanno avuto l’aiuto logistico dei loro complici. Il ricorso a libanesi o a locali per la fase finale delle operazioni è un marchio di fabbrica degli 007 khomeinisti. Se gli attentatori sono catturati possono sostenere di essere dei «guerriglieri» e negare un legame diretto con gli ayatollah. È esattamente quello che è avvenuto nel 2009 quando, sempre i turchi, hanno sventato un progetto di attentato organizzato dagli iraniani in tandem con l’Hezbollah.
Gli uomini designati per questo tipo di attacchi rispondono agli ordini di due personaggi del movimento libanese sciita. Mustafa Badr Al Din e Talal Hamia. Sono i dirigenti Hezbollah responsabili delle attività  clandestine. Il primo è stato incriminato anche per l’omicidio dell’ex premier libanese Hariri, il secondo è ritenuto il referente delle cellule all’estero. Alcune si nascondono in località  della Turchia meridionale. Le indagini hanno portato la polizia a «cercare» tra Antalya, Alanya e Antakya. Quest’ultima, vicino al confine siriano, è considerata uno snodo importante per chi cerca di infiltrarsi o intende far passare esplosivo.
L’antiterrorismo resta in guardia. Il sospetto è che gli iraniani non abbiano rinunciato alla loro vendetta. Un’azione potrebbe essere imminente. E per i turchi sono giorni di grande lavoro. Infatti non c’è solo questa minaccia. Venerdì è stato annunciato l’arresto di un commando qaedista che voleva colpire l’ambasciata americana.

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