by Sergio Segio | 14 Luglio 2011 5:46
MILANO— Sabato prossimo, 16 luglio, l’udienza e la probabile sentenza della causa «anti-Pomigliano» intentata dalla Fiom. Dieci giorni dopo, il 26, il consiglio della semestrale: il primo che la Fiat terrà in Brasile e, soprattutto, il primo con il consolidamento dei conti Chrysler (a partire dal 24 maggio). Sono i due appuntamenti chiave, anche se per ragioni diverse, che attendono il Lingotto. Ma non sono gli unici dossier caldi che Sergio Marchionne ha in queste ore sulla scrivania. Ce n’è almeno un terzo, e riguarda il management.
La «rivoluzione» promessa a inizio giugno, subito dopo la conquista del controllo dell’azienda Usa, è quasi pronta. Dovrebbe arrivare proprio a ridosso del board. Ed è lo stesso Marchionne, da Zurigo, a confermarlo: «Annunceremo presto l’intenzione di avere una singola leadership alla guida sia di Fiat, sia di Chrysler» . Com’è ovvio che sia. Se il gruppo è ormai a tutti gli effetti uno solo — indipendentemente dalla fusione, che prima o poi arriverà — in tutta una serie di posizioni-snodo, una sola dovrà essere anche la squadra. È tutt’altro che una mossa a sorpresa. Torino, con il 52%, ha ormai la maggioranza assoluta a Detroit.
Da questa trimestrale comincerà a consolidarne il bilancio (per dare un’idea dell’effetto: il pro forma 2010 vedrebbe il fatturato del Lingotto salire da 35,9 a 67,6 miliardi, con 2,3 miliardi di risultato della gestione ordinaria). E da due anni, da quando Fiat è sbarcata in Chrysler e Marchionne ha cominciato a gestire anche Auburn Hills, i due gruppi lavorano all’integrazione industrial-commerciale. Che è ormai quasi ultimata. Ingegneria e progettazione hanno da tempo avviato il processo delle basi comuni: vedi le piattaforme già sviluppate per il segmento C, a partire dalla Giulietta, o i modelli che a seconda del mercato sono «firmati» Lancia o Chrysler. Le reti di vendita vanno sempre più verso la gamma completa (sebbene sia qui, probabilmente, che c’è ancora da fare il maggior lavoro). E sul piano produttivo il simbolo — almeno nelle intenzioni visto che, in attesa della sentenza su Pomigliano, la guerra a base di cause promosse o promesse dalla Fiom lascia aperto un grosso punto di domanda — sarà Mirafiori: Alfa e Jeep costruite nella stessa fabbrica, investimenti italiani e americani, proprietà della newco condivisa tra Torino e Detroit. Un’integrazione pure della squadra su, ai primi livelli, è nella logica delle cose.
Logica già «testata» , del resto, da Marchionne. Se ora, si dice, sono 25 i manager su cui punterà per costruire la «singola leadership» , la strada sarà quella imboccata quando, appena sbarcato negli Stati Uniti, affidò al numero uno Lancia anche il marchio Chrysler. Con lui, Olivier Franà§ois ha funzionato. E infatti dalla «rivoluzione» dovrebbe uscire tra i promossi (come Joe Veltri, da poco nominato responsabile di Jeep anche per il mercato europeo). Altri, oggi, effettivamente tremano. E forse più al Lingotto che a Auburn Hills.
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