by Sergio Segio | 12 Luglio 2011 7:26
La manovra di Tremonti non piace ai sindacati, e siccome tutti – a partire dal governo – fanno sapere che sarà ritoccata modificata, persino un sindacato di destra come l’Ugl denuncia le «troppe ombre». Cisl e Uil fanno di più, proclamando per oggi un atto semi-insurrezionale: un «presidio permanente» di delegati davanti al Senato a cui parteciperanno anche Luigi Angeletti – che dopo aver lodato il governo per aver «stabilizzato l’economia» lo critica per essersi messo «in cassa integrazione» – e Raffaele Bonanni in speranzosa attesa di modifiche. Un «pressing» sul governo per difendere le pensioni e il loro potere d’acquisto. Il tono è di chi dà per ineluttabile la filosofia tremontiana ma tenta di salvare la faccia.
La Cgil ieri ha riunito il direttivo nazionale sulla manovra, più che altro un punto di ascolto collettivo sulle pessime notizie provenienti dai mercati e un’occasione per ribadire le dure critiche del sindacato di Susanna Camusso all’impianto di lacrime e sangue firmato dal solitario e compromesso Giulio Tremonti. La Confindustria ha un problema assillante: «Approvare subito la manovra», ha detto la presidente Marcegaglia e a questo scopo c’è bisogno di «coesione» (forte l’odore di unità nazionale), forse pensando alla stessa coesione realizzata con il pessimo accordo siglato la scorsa settimana con Cisl, Uil e persino Cgil su contratti, rappresentanza e democrazia. Ieri sindacati e Confindustria sono stati oggetto di consultazione in Senato.
«Sbagliata, ingiusta, iniqua e inutile sia per la crescita e lo sviluppo, sia per il risanamento dei conti pubblici», è il giudizio lapidario della Cgil sulla manovra. Alla critica di merito si affianca quella di un metodo che prevede la solita dinamica che rinsecchisce il ruolo del Parlamento e il confronto politico a colpi di fiducia e maxi-emendamenti, con le parti sociali solo marginalmente coinvolte. Non c’è alcun intervento anticiclico né elementi di «riforma strutturale del sistema-paese e del sistema economico-produttivo in funzione di una maggiore competitività , produttività e più semplicente crescita del Pil». Pur restando saldamente ancorata alla logica del Pil, la Cgil critica dunque il percorso ipotizzato dal governo per rianimarlo, precisando che «non c’è rigore senza crescita». Una diversa strada dovrebbe partire dalla costruzione di «un’alternativa all’attuale patto di stabilità ». Invece si pretende di rimettersi in riga e tranquillizzare mercati e speculatori puntando tutto sui tagli, dopo tre anni di «conti pubblici sbagliati, spesa dequalificata, investimenti ridotti o mancati, tagli insensati alle amministrazioni pubbliche, aumento di deficit, debito e interessi sul debito».
Per la Cgil la manovra colpisce i più deboli riducendo il potere d’acquisto dei redditi da lavoro pubblico e da pensione. L’elenco delle infamie governative è lungo: attacco alle pensioni e nuovi allungamenti dell’età pensionabile, «arretramento del perimetro pubblico, proprio a cominciare dal settore forse più strategico per il paese, l’istruzione e il sistema della conoscenza; i tagli al Fondo sanitario e la reintroduzione dei ticket… la riduzione delle risorse» a enti locali «con conseguente riduzione di servizi e welfare». Dulcis in fundo, persino una tassa ai lavoratori per l’attivazione di cause di lavoro dal costo medio di 233 euro. Il contrario di quel che per la Cgil servirebbe: riforma del fisco, lotta all’evasione, all’elusione e al sommerso, politiche del lavoro, riforma del welfare. La Cgil annuncia numerose iniziative – vedremo quali – a livello nazionale e locale. CISL E UIL
Presidio davanti al Senato per salvare le pensioni (e la manovra). La Confindustria ha fretta e chiede «coesione»
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