Londra, vacilla il mito dei musei gratis per le opere d’arte torna il biglietto

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Londra – La cultura gratis per tutti è stata una delle iniziative di maggiore successo della “Cool Britannia” di Tony Blair: dal 2001, quando il governo guidato dal premier laburista decise di non far pagare più l’ingresso nei musei nazionali, il numero dei visitatori è cresciuto quasi del 50 per cento, raggiungendo l’impressionante quota di 41 milioni di persone nel 2010. Ma ora questo concetto è sotto attacco: i radicali tagli alla spesa pubblica varati dal governo conservatore di David Cameron, per fare fronte al peggiore deficit d’Europa come risultato della crisi economica degli anni scorsi, stanno avendo effetti “devastanti” sui musei britannici. In un rapporto pubblicato ieri sui 140 più importanti musei del Regno Unito, la Museum Association afferma che un quinto di essi hanno sofferto riduzioni del 25 per cento o più nelle sovvenzioni statali. «Alcuni hanno ricevuto tagli solo del 15 per cento, ma quando il finanziamento pubblico scende del 25 per cento siamo alla catastrofe», afferma Mark Taylor, direttore dell’associazione.
La conseguenza è che il 22 per cento dei musei nazionali hanno già  dovuto ridurre l’orario d’apertura, il 30 per cento hanno ridotto lo staff e fatto ricorso dove possibile al volontariato, mentre qualche istituzione ha deciso di rinnegare il mantra della “cultura gratis per tutti”, reimponendo il pagamento di un biglietto per entrare. Sebbene quest’ultima misura riguardi al momento solo musei minori in città  di provincia, quali l’Aston Hall di Birmingham e il Russell Cotes Museum di Bournemouth, era già  finita nel mirino anche l’idea che i grandi e celebrati musei londinesi dovessero rimanere per forza gratuiti. Nel marzo scorso un deputato laburista, Tristam Hunt, aveva sostenuto che i musei di Londra sottraggono troppe risorse al bilancio del ministero della Cultura, i cui fondi potrebbero essere meglio utilizzati a sostegno di più piccoli musei regionali. Il suo ragionamento era che il pubblico sarebbe comunque disposto a pagare un biglietto per vedere le meraviglie della Tate, del British Museum, della National Gallery; e che, in tempi di restrizioni del budget, non ha senso regalare la cultura, per di più non solo ai propri cittadini, che pagano le tasse, ma pure ai milioni di turisti stranieri che affollano le sale dei musei della capitale.
In realtà  molti esperti dissentono. Intanto i musei londinesi non sono completamente gratis: il pubblico è invitato a fare una donazione volontaria all’entrata, e molti la fanno (la teca di vetro all’entrata del British Museum non è mai vuota). Inoltre la visita è gratuita solo per le collezioni permanenti: le mostre e le esibizioni temporanee sono a pagamento, e i biglietti, piuttosto costosi, vanno sempre a ruba. Quanto alla tesi che i musei gratis favoriscano i turisti stranieri, anche questa è errata o parziale: la maggior parte dei visitatori sono britannici, ma gli stranieri spendono mediamente di più nei “bookshop”, acquistando cataloghi e souvenir e nei ristoranti e caffè all’interno, portando un beneficio di 350 milioni di sterline l’anno ai musei. E uno ancora più ampio all’economia nazionale, poiché 7 turisti stranieri su 10 dicono che la straordinaria (e in parte gratuita) offerta culturale di Londra è una delle principali ragioni per andarci. «I tagli alle sovvenzioni ai musei stanno facendo suonare un campanello d’allarme», confida al quotidiano Independent un direttore. David Cameron, che di errori di questi tempi ne ha accumulati abbastanza, ne commetterebbe un altro, se decidesse di reintrodurre l’ingresso a pagamento. Portare i figli a vedere i dinosauri a quello di Storia Naturale o attraversare il ponte pedonale sul Tamigi per andare con l’innamorata/o alla Tate Modern, sono alcune delle poche esperienze che a Londra si possono fare senza sborsare una sterlina. Farcela sborsare sarebbe controproducente per tutti.


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