Lo stop della Lega alle missioni militari
ROMA – Una mediazione per ridurre i costi senza venire meno agli impegni presi sullo scacchiere internazionale che non tacita la Lega. Il Consiglio Supremo di Difesa, che si è riunito ieri al Quirinale sotto la presidenza di Napolitano, si è concluso dopo un’ora e mezza di discussione e con una nota che parla di «ricerca di soluzioni concordate e ponderate» sulle missioni all’estero in «concerto con le istituzioni internazionali e tenuto conto degli sviluppi sul terreno». Data la «ridotta disponibilità di risorse finanziarie», il Consiglio ha valutato come mantenere «il ruolo cruciale» del Paese nel «sostegno della sicurezza e della stabilità internazionale».
In pratica, il compromesso che doveva allentare le tensioni nel governo concede una revisione dei finanziamenti e una riduzione del numero dei militari impegnati, ma senza toccare le missioni di punta, cioè Afghanistan e Libia. La Lega non è soddisfatta e in tarda serata Roberto Calderoli ha inviato una lettera a palazzo Chigi per opporsi a che oggi si esamini in Consiglio dei ministri “fuori sacco” il decreto legge sul rifinanziamento delle missioni militari all’estero senza un chiarimento politico e la certificazione del numero di contingenti nelle missioni.
La linea del presidente della Repubblica Napolitano di tenere fede agli impegni con gli alleati pur riducendo la spesa non ha niente a che vedere con i ritiri repentini che la Lega chiede a gran voce nelle sue piazze e con il perentorio «portiamoli a casa», sentito declinato in vari modi soprattutto da sabato scorso in poi, quando la morte del nostro militare in Afghanistan aveva fatto dire a Bossi che lo stesso Berlusconi aveva già parlato con gli Stati Uniti di un ritiro dell’Italia. Alla Lega, soprattutto, non basta quanto deciso sull’impegno in Libia, altro punto di dissenso. «Con riferimento alla crisi libica – ha detto il Consiglio di Difesa – è stata sottolineata l’opportunità di valutare, insieme agli alleati, le possibili azioni da intraprendere nella situazione post-conflittuale che tende a delinearsi a conclusione della missione in corso su mandato dell’Onu». La Lega chiedeva una data precisa per la fine della missione, il Consiglio della Difesa ha fatto riferimento al mandato Onu e quindi a una decisione, ancora un volta, da concordare con gli alleati e che si valuterà nella prossima riunione del consiglio, a novembre.
Eppure Ignazio La Russa, dopo la riunione con Berlusconi, Frattini, Tremonti, Romani, i vertici delle forze armate e Gianni Letta aveva detto soddisfatto: «Siamo arrivati a decisioni abbastanza condivise ed esco confortato dalla riunione soprattutto perché porterò in Consiglio dei ministri un contenimento della spesa nella cifra indicata da Tremonti, così che dagli 810 milioni del primo semestre del 2010 si passerà ai 700 milioni previsti per il secondo, un risparmio di 110 milioni a fronte di un aumento di spese per la sicurezza». La Russa aveva riferito di «riduzioni del numero di uomini e mezzi in alcune missioni minori come il Kosovo e il Congo» ed «eliminazione di doppioni come una nave con funzioni di prevenzioni antiterrorismo nel Mediterraneo, inutile data la missione in Libia», senza intaccare l’efficienza e la sicurezza dei contingenti.
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