«Il futuro della Germania? Indietro a sinistra»

by Sergio Segio | 18 Luglio 2011 7:13

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 BERLINO — Nel suo negozio online si possono comprare tutti i possibili gadget anti nucleari o guevaristi e la sua sede, la storica Karl-Liebknecht Haus non lontana da Alexander Platz, evoca più di una immagine dei tempi eroici e oscuri del comunismo tedesco.
 La Linke, il partito di estrema sinistra che è stato la sorpresa delle ultime elezioni federali, è uno strano impasto di antagonismo e antiquariato. Non aiutano a migliorare la sua credibilità  le furibonde liti che hanno dilaniato un gruppo dirigente occupato soprattutto a custodire il frigorifero dove vanno a finire i voti. Il «fattore L» , si potrebbe dire. Ma è venuto il momento di rilanciarsi. E la Linke ha cercato di chiudere una stagione di polemiche (l’ultima sulle accuse di antisemitismo) presentando a Berlino il suo nuovo programma. Lo hanno fatto, nel palazzo intitolato al fondatore della Lega spartachista, i due presidenti Klaus Ernst e Gesine Là¶tzsch.
Dietro le quinte, i rappresentanti delle due «anime» di questa formazione che, non dimentichiamolo, viene scelta nei Là¤nder dell’Est da circa un quinto della popolazione: l’ex capo del partito post-comunista, Gregor Gysi, e l’ex uomo di punta socialdemocratico Oskar Lafontaine, fondatore del movimento «Lavoro e giustizia sociale» che si fuse con il Pds nel 2007.
 Il linguaggio è radicale, la tendenza a un neo-statalismo, seppur corretto, è forte, la terminologia è da battaglia. La premessa è che gli uomini e le donne che aderiscono alla Linke non si riconoscono in un mondo «in cui le prospettive di vita di milioni di persone sono dominate dagli interessi del profitto e dello sfruttamento, dalla aggressività  dell’imperialismo» . «Il comunismo vive» , tuonava ieri la Frankfurter Allgemeine Zeitung accusando il partito di essere «nostalgico» e di rappresentare ormai «un bel pasticcio» per la sinistra tedesca. Ma qual è la ricetta della Linke?
Partendo dalla necessità  di costruire una «democrazia economica come presupposto di un vero socialismo democratico» , Ernst e la Là¶tzsch hanno illustrato una serie di tesi secondo cui, in particolare, la proprietà  delle banche, delle grandi industrie, dei trasporti e dell’energia deve essere pubblica. Le piccole e medie imprese possono rimanere private perché, si aggiunge, «tenendo conto delle amare esperienze del passato la totale proprietà  statale non è il nostro obiettivo» . La Linke è poi contro il lavoro precario, in tutte le sue forme, per un salario minimo garantito e per una robusta tassa sulla grandi rendite.
In politica estera, va promossa la dissoluzione della Nato, viene accettato (è un punto di novità ) il diritto all’esistenza di Israele e si auspica una soluzione della questione palestinese basata sulla formula «due popoli, due Stati» . «Democrazia radicale» è stata la definizione del quotidiano Frankfurter Rundschau che ha sottolineato lo sforzo di coniugare i valori del socialismo con un pizzico di realpolitik senza ripudiare i miti dell’estrema sinistra. Un cocktail molto elaborato, in cui c’è anche spazio per i temi di una nuova «ecologia sociale» . Intanto, però, i Verdi volano nei sondaggi.

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