«Gli stress test? Sono inutili Berlino garantisca per l’euro»

by Sergio Segio | 17 Luglio 2011 7:42

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NEW YORK — Gli «stress test» condotti sulle banche europee “non servono a niente, perché non colgono il problema”. Kenneth Rogoff, 58 anni, nato a Rochester (Stato di New York), per anni economista al Fondo monetario internazionale e oggi professore di Economia all’Università  di Harvard, è anche uno scacchista di alto livello.
Nella partita sui mercati finanziari, ci sono alcune «mosse» degli europei che non lo convincono. Otto banche bocciate su 90 esaminate dall’European bank Authority. Non è un segnale incoraggiante? «Quale segnale? Questo tipo di analisi non porta a niente. Le banche europee erano e restano chiaramente sottocapitalizzate anche dopo queste verifiche. Basta fare un confronto con gli istituti americani. Ma non è questo il punto. Se vogliamo ragionare sulle insidie dei mercati finanziari, dobbiamo cambiare prospettiva»
Cioè le banche non sono i motori della crisi? «In questa fase no, direi piuttosto che sono le vittime. Sul sistema creditizio si stanno scaricando problemi nati altrove. In Grecia, come sappiamo, il governo non è riuscito a controllare il debito pubblico. La stessa cosa è successa in Portogallo e ora vediamo che cosa succederà  in Italia» .
Allora dobbiamo partire dai governi nazionali? «No, anche questo è un passaggio intermedio. Ormai i mercati finanziari stanno ragionando sul blocco Europa, o meglio sul blocco euro inteso come un’entità  compatta. Le debolezze di un Paese chiamano in causa tutta l’eurozona» .
D’accordo, però non è che tutti i Paesi e le banche siano perfettamente omogenei. «Certo. Possiamo distinguere tra le banche. Quelle italiane, per esempio, sono messe un po’meglio di quelle francesi. E anche gli istituti regionali tedeschi devono fare attenzione. Però qui stiamo ricadendo nella logica degli “stress test”che io non condivido. Spiego perché: una volta che abbiamo fatto la classifica degli istituti di credito, che cosa abbiamo risolto? Chi è in grado di recuperare le risorse necessarie per rafforzare il patrimonio delle banche? I governi, forse? E come, alzando le tasse? No, in questo modo non andiamo da nessuna parte» .
Va bene, facciamo marcia indietro. Eravamo rimasti al “passaggio intermedio”dei governi nazionali… «Bene. Il loro compito oggi non è quello di correre in soccorso delle banche. Si devono, invece, concentrare sul risanamento dei conti pubblici. La Grecia deve continuare il processo con determinazione. Il governo italiano con rapidità . E così tutti gli altri Paesi, Spagna, Portogallo, Irlanda. Ma, purtroppo, anche questo potrebbe non essere sufficiente per appagare i mercati e spegnere il fuoco della speculazione» .
Qual è la sua idea? «Vedo una sola possibilità . La Germania e forse anche la Francia, cioè le economie più forti della zona euro, devono esporsi apertamente. I governi di questi due Paesi devono diventare i garanti di ultima istanza di tutti i bond emessi nell’area dell’euro. Sarebbe un modo per rispondere a tono a chi, sui mercati, sta scommettendo sulla fragilità  strutturale della moneta unica. Perché di questo si tratta: non difendere la Grecia, la Spagna o l’Italia. Ma l’euro. L’unico modo per farlo, credo, è che la finanza internazionale capisca che se attacca la periferia dell’Europa arriverà  a scontrarsi contro il muro tedesco» .
Non è una strada molto facile da percorrere.
La conseguenza politica sarebbe una specie di commissariamento tedesco delle politiche economiche di diversi Paesi. «Mi rendo conto delle difficoltà . Ma vedo anche che questo dibattito sulla necessità  di una soluzione pan-europea comincia a farsi strada. Tocca ai governi e alle istituzioni dell’Unione europea trovare il meccanismo compatibile con le esigenze politiche. Ma la chiave resta la Germania» . In caso contrario? «Non avrei dubbi: prima o poi l’euro non resisterebbe alle pressioni e salterebbe per aria» .

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