by Sergio Segio | 22 Luglio 2011 6:22
MILANO — Una lettera-testamento inviata 72 ore prima di togliersi la vita in cui viene di fatto contestata l’entrata del Vaticano nel salvataggio del San Raffaele. L’ha spedita venerdì scorso Mario Cal, il vice suicida di don Luigi Verzé. Destinatari, tutti i consiglieri di amministrazione del cda travolto dalla voragine dei debiti, il collegio sindacale, il prefetto di Milano, il ministro della Salute e i revisori dei conti. Così il manager che lunedì si è sparato un colpo di pistola alla testa spiega per l’ultima volta perché, a suo avviso, il piano di salvataggio dell’imprenditore della sanità privata Giuseppe Rotelli era da preferire all’entrata del Vaticano.
È una risposta alle accuse dei banchieri Carlo Salvatori e Ennio Doris che imputavano a lui e a don Verzé manovre sotterranee in contrasto con le decisioni del consiglio di amministrazione. Tramite la società di famiglia Velca, Rotelli era disposto a investire immediatamente 250 milioni di euro con la garanzia di fare fronte a tutti i pagamenti. Ma, alla fine, le scelte di don Verzé sono andate in altra direzione. L’ultimo saluto a Mario Cal sarà dato oggi alle 14.30 sotto la stessa Cupola che l’ha visto uccidersi. Il vice di don Verzé si è tolto la vita nella stanzetta per le riunioni del 6 ° piano sotto l’ufficio del fondatore dell’ospedale e oggi, sempre lì ma al pianterreno, si svolgerà il funerale.
Una scelta non condivisa da molti raffaeliani. Non è scontata la presenza del sacerdote che, al momento, non pare intenzionato a partecipare alla cerimonia funebre. La messa sarà celebrata da don Paolo Natta, uno dei Sigilli, i fedelissimi del prete manager. E, intanto, restano soltanto 55 giorni di tempo per salvare il San Raffaele dalla bancarotta. Li ha concessi ieri la Procura di Milano agli uomini del Vaticano che dovranno presentare un piano di risanamento del colosso ospedaliero a rischio di crac per un miliardo di debiti entro il 15 settembre. Oltre, c’è il baratro del fallimento, inevitabile davanti a decreti ingiuntivi di fornitori non pagati per almeno 60 milioni di euro.
All’incontro, che si è svolto alla Sezione fallimentare del Tribunale, hanno partecipato il pm Luigi Orsi, il giurista ex ministro Giovanni Maria Flick per conto del cda del San Raffaele e il presidente del Tribunale fallimentare Filippo Lamanna. In Procura ieri è stato sentito anche il revisore della Bdo, la società che si occupava della certificazione dei bilanci della Fondazione Monte Tabor. L’ultimo bilancio, per altro, quello approvato dal precedente cda, non è stato certificato poiché la Bdo ha dichiarato di non avere avuto tutti gli elementi per poter dare il via libera ai conti. Non solo: i pm titolari delle indagini, Luigi Orsi e Laura Pedio, hanno convocato e ascoltato anche un membro del collegio sindacale. Una mossa che rende evidente quanto i magistrati in questa fase stiano cercando di far luce sui bilanci e sulla contabilità del gruppo ospedaliero.
Sullo sfondo, una carenza di informazioni e carte contabili tale da rendere impenetrabile una parte della contabilità e complicatissima la ricostruzione del rendiconto consolidato. Il buio è particolarmente accentuato sul fronte delle società estere. E gli stessi esperti della Deloitte, che nelle ultime settimane hanno condotto un’analisi dei conti a supporto del piano di ristrutturazione, avrebbero lamentato una grave mancanza di documentazione. È il motivo per cui il segnale più importante che dovrebbe dare la nuova gestione alla Procura per allontanare il rischio di una richiesta di fallimento è negli uomini. Cioè mettere alla guida manager credibili, ma ancor di più dar loro i poteri necessari per governare il gruppo ospedaliero. È, forse, il passaggio piu’delicato perché vuol dire smantellare il sistema di potere di don Verzé che poggia sugli statuti della Fondazione e, al piano superiore, dell’Associazione Monte Tabor.
Una governance semi clandestina, ma vincolante, che garantisce a vita il potere a don Verzé e ai suoi fedelissimi. Se i nuovi uomini non prendono realmente le redini, è possibile che la richiesta di fallimento venga anticipata. Del resto il vuoto al San Raffaele sta producendo danni ogni giorno che passa. Prevista per oggi la nomina di due superconsulenti: l’esperto di piani di risanamento Enrico Bondi (crac Parmalat) e uno dei manager storici (e più apprezzati) del San Raffaele Renato Botti, fino allo scorso gennaio direttore generale con piene deleghe, poi entrato in rotta di collisione con Don Verzè e Cal.
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