«Esiliato» il superpoliziotto Il Viminale sotto choc

by Sergio Segio | 1 Luglio 2011 6:31

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Il suo ufficio lo lascia tra gli applausi. Piangono i colleghi, i sottoposti, si commuovono anche i suoi superiori. Lui è scosso, ma cerca di non darlo a vedere. Ora è il tempo dei saluti e soprattutto delle raccomandazioni. Perché agli uomini e alle donne della Squadra Mobile che da anni lavorano con lui lo dice chiaramente: «Dovete continuare a fare quello che facevamo insieme, a testa alta senza lasciarvi scoraggiare. Vi invito a farlo, ve lo chiedo, anzi ve lo ordino» .
Poi lascia una lettera a ognuno di loro e allora si capisce che lui è sicuro di poter tornare presto. È fatto così Vittorio Pisani e chi lo conosce stenta a credere alle accuse che sono davvero gravi, fa fatica anche solo a pensare che possa davvero aver favorito un criminale o addirittura la camorra. Perché da quando c’è lui i camorristi sono stati catturati e, come sottolinea il neoquestore Luigi Merolla, «quest’anno abbiamo avuto il record di ben 40 poliziotti della Mobile promossi per meriti speciali» . Però è pesante il quadro indiziario e soprattutto l’ordinanza del giudice che, andando oltre quello che avevano sollecitato i pubblici ministeri, gli ha imposto il divieto di dimora a Napoli. Una specie di «confino» .
Proprio come si fa con gli appartenenti alla criminalità  organizzata. Non credeva Pisani che potesse accadere, nonostante a Napoli si parlasse da tempo di un’indagine che coinvolgeva persone a lui vicine. Nonostante questa sua frequentazione con Iorio e con altri imprenditori fosse molto chiacchierata. Non pensava che alla fine quegli stessi magistrati con i quali ha lavorato per anni fianco a fianco lo costringessero a lasciare il suo incarico. L’amicizia con l’imprenditore Marco Iorio non la nega, anzi. Ma ai suoi superiori l’ha detto chiaramente: «Non avrei mai potuto favorire qualcuno per commettere reati. Io i criminali li ho sempre combattuti» . E mentre parla forse pensa a quanto accadde dieci anni fa.
Anche allora fu indagato con l’accusa di aver aiutato un camorrista latitante. Il capo della polizia lo trasferì temporaneamente al Servizio centrale operativo a Roma, e dopo il proscioglimento tornò al comando della squadra mobile. Quell’episodio lo ha ricordato lui stesso due anni fa in un’intervista al Magazine del Corriere della Sera che scatenò un putiferio. Perché lì Pisani raccontò come il suo ufficio avesse dato «parere negativo alla concessione della scorta allo scrittore Roberto Saviano, dopo che ci fu data la delega per riscontrare quel che Saviano aveva raccontato a proposito delle minacce ricevute» , spiegando poi quale sia la sua convinzione: «Nel rapportarsi con la criminalità  organizzata ci sono regole deontologiche, come il rispetto della dignità  umana, che non devono mai essere dimenticate» . E forse è proprio questo uno degli argomenti che userà  per difendersi, quando i magistrati gli contesteranno quei rapporti che per loro sono illeciti e per lui evidentemente no.
È fatto così Vittorio Pisani, ha una spavalderia che molti non sopportano, altri possono equivocare. Lui invece talvolta la ostenta e molti altri lo apprezzano proprio per questa sua schiettezza. Ieri il capo della polizia Antonio Manganelli gli ha voluto manifestare pubblicamente «stima e fiducia» prima di annunciare la «destinazione ad altro incarico per corrispondere alle determinazioni dell’autorità  giudiziaria, nella quale ripongo altrettanta fiducia ed i cui provvedimenti, io personalmente e l’Istituzione che rappresento, rispettiamo incondizionatamente» . Lo ha fatto anche il ministro dell’Interno Roberto Maroni e questa sua posizione certamente pesa anche tenendo conto che il sottosegretario Alfredo Mantovano, dopo aver ricordato «lo straordinario lavoro di Pisani» , ha manifestato «grandi perplessità  sull’avvio dell’azione penale» specificando poi di non voler «criticare il merito di questa indagine, ma sottolineare un problema che esiste e che se non si risolve può tradursi in un rischio paralisi, perché l’agente di polizia giudiziaria se si trova di fronte al rischio di esposizione mentre tratta una materia ancora grigia può essere indotto a scegliere la via più comoda e cioè non correre rischi» .
Ci vorrà  tempo per arrivare alla fine di questa storia e forse a Napoli Pisani non potrà  più tornare, neanche quando l’inchiesta sarà  terminata. Ma ai suoi uomini, a quei collaboratori che con lui hanno partecipato a indagini e pedinamenti durati anche mesi, ieri ha continuato a dire che «quando si capirà  l’errore, tutto ricomincerà  come prima» . Spavaldo come al solito, ma certamente provato perché consapevole che forse niente potrà  mai più essere come prima.

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