«Emma, così vado via»

by Sergio Segio | 1 Luglio 2011 7:22

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 A Sergio Marchionne l’accordo tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil non basta: vuole di più, perché gli accordi siglati a Pomigliano, Mirafiori e alla ex Bertone restano senza soluzione. E così ieri l’amministratore delegato Fiat ha preso carta e penna e ha scritto a Emma Marcegaglia, chiedendo che la Confindustria compia «ulteriori passi» per venire incontro al Lingotto: altrimenti la Fiat, è la minaccia, «uscirà  dall’associazione il primo gennaio del 2012». Un nuovo ultimatum, quindi, dopo i tanti a cui il super manager globale ci ha ormai abituato, ma questa volta indirizzato non agli operai ma ai confindustriali. Marcegaglia risponde a stretto giro di posta, replicando sostanzialmente che a suo parere una soluzione si può trovare già  nell’accordo del 28 giugno, ma che se così non fosse, va chiesta una legge ad hoc allo Stato.

Un tira e molla pesante, quello lanciato ieri da Marchionne, e che ha i riflessi nel sindacato – con il braccio di ferro tra Cgil e Fiom che si alimenterà  di nuova linfa – e nel governo, visto che il ministro Maurizio Sacconi ha subito chiesto di rimando che «le parti firmatarie dell’accordo trovino una soluzione per la Fiat», ipotizzando anche «una legge ad hoc».
«Cara Emma – scrive Marchionne – l’accordo raggiunto tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil è sicuramente un risultato di grande rilievo. Mi auguro che, nei prossimi mesi, il lavoro prosegua con ulteriori passi che ci consentano di acquisire quelle garanzie di esigibilità  necessarie per la gestione degli accordi di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco. Questo ci permetterà  di portare a compimento gli investimenti avviati e quelli già  programmati. Sono fiducioso che queste condizioni si realizzeranno entro la fine dell’anno. Ho il dovere di informarti che in caso contrario, Fiat e Fiat Industrial saranno costrette a uscire dal sistema confederale con decorrenza dall’1 gennaio 2012».
Marchionne fa sapere di aver inviato copia di questa lettera «anche ai segretari delle confederazioni firmatarie per confermare che la nostra iniziativa non intende mettere in discussione l’importanza dell’accordo e naturalmente i diritti dei lavoratori. Vogliamo soltanto – conclude l’ad della Fiat – che le nostre persone possano lavorare in un contesto nel quale tutti si assumano i propri obblighi e le proprie responsabilità , come previsto dagli accordi di Pomigliano d’Arco, Mirafiori e Grugliasco».
A spiegare perché l’accordo non può soddisfare il Lingotto, le parole dello storico dell’industria Giuseppe Berta, ex responsabile dell’archivio storico Fiat: «Innanzitutto non ha validità  retroattiva, e poi lascia scoperti i nodi posti dagli accordi di Pomigliano e Mirafiori; quelli della governabilità  e dell’esigibilità  delle intese». Le clausole di tregua sindacale, infatti, osserva ancora Berta, «pur accettate dai firmatari dell’accordo continueranno a essere rigettate da Fiom e Cobas che non vogliono subire nessuna disciplina al diritto di sciopero».
Tra l’altro si deve notare che la segretaria Cgil Susanna Camusso aveva difeso l’accordo dagli attacchi della Fiom, proprio affermando che esso «è l’opposto di quello che chiedeva Fiat»: giudizio ribadito ieri, dopo la lettera di Marchionne. Ma dall’altro lato, il segretario Fiom Maurizio Landini sottolinea che Marchionne è «prigioniero delle sue coerenze» e chiede la riapertura del tavolo Fiat.
Emma Marcegaglia risponde a tono, non cedendo al momento alle richieste di rivedere l’accordo: l’intesa, scrive la leader della Confindustria rispondendo a Marchionne, «non può essere messa in discussione». «A noi sembra che l’accordo soddisfi anche le vostre istanze, in quanto gli accordi di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco possono facilmente rientrare nelle nuove norme pattuite – dice ancora Marcegaglia alla Fiat – Mi riferisco in particolare alle regole riguardo l’esigibilità  degli accordi conclusi con una maggioranza di rappresentanti dei lavoratori, alla clausola di tregua e all’adattabilità  dei contratti aziendali». «Se invece non ritieni utile la praticabilità  di questa via, al fine di ottenere garanzie riguardo agli accordi già  raggiunti nel gruppo Fiat a fronte della causa intentata dalla Fiom – conclude la leader degli industriali rivolgendosi direttamente a Marchionne – non vediamo altra strada se non quella di un intervento legislativo con effetto retroattivo che, in quanto tale, non è nella disponibilità  della Confindustria».

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