Legge elettorale, Bersani per il doppio turno

Loading

ROMA – A Bersani sfugge un lapsus: «Il referendum per il Mattarellum è stato presentato da dirigenti e parlamentari.. . del Pci». Arturo Parisi, che comunista non è mai stato, non gradisce. Né gli altri referendari, da Walter Veltroni ai prodiani. E ancora meno apprezzano lo stop, che il segretario del Pd, nella riunione della direzione ieri, impone al partito sulla “guerra dei referendum” per cambiare la legge elettorale. «I referendum sono sì uno stimolo, ma gli esiti sarebbero un guaio – dice Bersani – e poi non portiamoci in casa problemi, ce ne sono già  abbastanza intorno a noi». La morale è che i referendum vanno ritirati. Quello di Passigli (anti Porcellum e che “proporzionalizza” il voto) è già  “in sonno”. Ma l’altro pro Mattarellum? Parisi e i prodiani sono sul piede di guerra.
Alla fine il “parlamentino” democratico vota a maggioranza un ordine del giorno di mediazione, con un dispositivo e un allegato, nel quale si annuncia che la proposta per cambiare l’attuale “legge porcata” sarà  portata avanti in Parlamento. Il Pd presenterà  il suo progetto di legge (collegi uninominali e doppio turno, con una quota proporzionale e diritto di tribuna) a Montecitorio entro fine mese, chiedendo la discussione in aula per settembre. Poco per i referendari. Anche se Bersani (facendo propria l’idea di Marco Minniti) immagina una raccolta di firme nelle feste democratiche per sostenere la riforma parlamentare o trasformarla in una legge di iniziativa popolare. Ma per i referendari è semplicemente una mossa insufficiente. Parisi è durissimo: «Non c’è più tempo per buttare parole al vento, non possiamo non fare nulla di concreto». L’ordine del giorno sulla legge elettorale passa a maggioranza: i prodiani Parisi e Santagata votano contro; in quattro (Gozi, Scalfarotto, Melandri, Zampa) si astengono. Gli altri, tra cui i veltroniani Giorgio Tonini e Walter Verini sono convinti di avere detto sì solo a principi generali, non al dossier (in allegato) messo a punto da Bressa e Violante. Tonini, in riunione, avverte: «Davanti al paese che ribolle, senza indulgenze all’antipolitica, però bisogna mobilitarsi contro il Porcellum». Il referendum sarebbe insomma la strada maestra per «non essere alla merce’ di Berlusconi». Castagnetti: «Rinunciamo al nostro, se rinuncia Passigli». Per accelerare, Dario Franceschini decide di anticipare a ieri sera gli uffici di presidenza di deputati e senatori: martedì mattina, spiega, si vedono i gruppi per discutere il testo. Pippo Civati scrive sul blog di essere deluso: «Un disastro la proposta del Pd, è stato un giro a vuoto».
Altri malumori in ordine sparso si traducono in 8 astensioni (tra cui i veltroniani, ma Veltroni vota a favore) sulla relazione e replica di Bersani. Ma i “sì” sono 175. All’unanimità  passa l’ordine del giorno di Sandro Gozi per tagliare i costi della politica uniformandosi agli standard europei e legando la diaria alle presenze non solo in aula ma anche nelle commissioni. E Bersani: «Passiamo dalle parole ai fatti, senza sobrietà  della politica non si va da nessuna parte». Non viene messo ai voti l’ordine del giorno di Marino, Meta, Bettini, Concia su “elezioni subito, niente governissimi”. Meta critica Rosy Bindi: «È un atto politico non un cavillo». Il segretario fa una mozione degli affetti: «Il partito è un bene comune da maneggiare con cura, non dividiamoci».


Related Articles

Il Quirinale raffredda le tentazioni elettorali dopo lo choc siciliano

Loading

Le rassicurazioni sono immediate e insistite: al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e al presidente del Consiglio, Mario Monti. Ma nonostante gli sforzi di Gianni Letta, «colomba» berlusconiana per antonomasia, Quirinale e palazzo Chigi rimangono guardinghi. In Parlamento non si prevedono scossoni a breve: se non altro perché Silvio Berlusconi sa che, qualora decidesse davvero di togliere la fiducia al governo, spaccherebbe i propri gruppi sia alla Camera che al Senato.

Antipolitica. La rivolta contro il potere e le tentazioni populiste

Loading

L’illusione tecnocratica, l’assalto ai governanti “tutti ladri e corrotti”: analisi di un fenomeno che da decenni attraversa la storia della Repubblica. L’indignazione non è contro un sistema da abbattere ma contro un ceto che ha deluso e che viene rifiutato con la stessa energia con cui lo si era amato C’è già  chi si prepara a sfruttare ancora una volta, dopo la prima nel 1994, la stanchezza dei cittadini per costruirci sopra una nuova carriera 

Le ambivalenze dell’anno alle spalle e di quello che ci aspetta

Loading

E se, anziché dispensare consigli, provassimo a fare almeno un po’ la nostra parte di umili e normali portatori di resistenza e conflitto nei luoghi in cui viviamo e lavoriamo?

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment