Le sovvenzioni e i politici Il «sistema» San Raffaele
MILANO — Pulizia e rilancio. Per salvare il San Raffaele e la sua storia vanno cancellate le ombre e smaltite le scorie. Contabilità parallela? Fondi neri con la complicità di alcuni fornitori costruttori? Un doppio sistema di fatturazione, ufficiale e ufficioso? Soldi ai politici? «È un patrimonio nazionale da difendere» , dicono tutti a partire dal ministro della Salute Ferruccio Fazio.
Tante ombre, però, si insinuano nella gestione recente dell’ospedale, eredità ancora «calda» del tandem don Luigi Verzé, il fondatore, e Mario Cal, il manager suicida. L’amico architetto Non sono solo voci. Sono «confessioni» di chi quel «sistema» lo conosceva bene. Sono uomini e donne che a lungo hanno lavorato a fianco del prete manager e del suo braccio destro. Raccontano al Corriere di politici «sovvenzionati» come fosse una prassi. E del «nero» come fosse un’esigenza ineluttabile per far fronte ai costi della Fondazione Monte Tabor, al vertice del gruppo. Anche perché talvolta le intuizioni e la forza propulsiva di don Verzé si perdevano in realizzazioni superflue e costosissime (60 milioni per la cupola).
Dal sottobosco di relazioni oblique con la politica spunta il nome dell’architetto Renato Sarno. Era considerato «in quota» centrosinistra e particolarmente vicino a Filippo Penati, vicepresidente del consiglio regionale della Lombardia, fino a novembre scorso capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani, ex presidente della Provincia di Milano e prima ancora sindaco di Sesto San Giovanni. Affidare determinati lavori all’architetto Sarno, sostengono le fonti, voleva dire «coprirsi» sul fronte Penati. Quasi una tassa occulta, magari camuffata da consulenze milionarie. Prove? Nessuna. Sarno è un professionista molto quotato e stimato anche fuori dall’Italia, dove non guardano l’eventuale «targa » politica. A Monza, però, è indagato con Filippo Penati e altri nell’inchiesta del pm Mapelli su un presunto giro di tangenti nel periodo in cui l’esponente del Pd era sindaco. Sarno per don Verzé aveva progettato il San Raffaele Quo Vadis (150 milioni il costo stimato), l’ «ospedale del benessere» in provincia di Verona. È probabile che la Procura di Monza allarghi l’orizzonte dell’inchiesta anche agli affari di Sarno con il San Raffaele per valutare se effettivamente siano avvenute triangolazioni di favori e denaro. Elicotteri sospetti Ma anche il servizio di elisoccorso potrebbe rientrare nella categoria dei rapporti «sospetti» , cioè favoriti da un sistema di do ut des.
Secondo le nostre fonti il Consorzio Elisoccorso San Raffaele avrebbe ottenuto negli anni scorsi una serie di collaborazioni con la «Milano Serravalle-Milano Tangenziali», anche grazie alle relazioni ben coltivate con Penati da Mario Cal. Era l’epoca (2004-2009) in cui il politico del Pd guidava la Provincia di Milano e quindi era l’azionista di maggioranza della Serravalle, che gestiva le tangenziali milanesi e l’autostrada per Genova. Cal teneva le fila del «traffico» finanziario con il mondo politico, spesso mediato da consulenti e faccendieri che funzionavano da cerniera tra l’apparato pubblico e il privato. Lo strano affare di Soru A tutt’altra categoria, invece, appartiene il rapporto con Renato Soru, ex presidente della Regione Sardegna. Un’operazione stranissima. Cal l’avrebbe riassunta così con uno dei suoi amici più stretti: «Soru con noi ha fatto un grande affare» .
Oggetto: la società Shardna, che si occupa di biotecnologie e in particolare di studiare il dna dei sardi. Soru dal 2000 ne deteneva un’ampia maggioranza (oltre l’ 80%) con il Banco di Sardegna al 13%. La società gode di finanziamenti regionali, il conflitto di interessi era evidente. Infatti, Soru nel 2006 annuncia la vendita della sua quota. Nel frattempo i conti di Shar peggiorano e il 2008 chiude in ros- so, tanto da mettere in dubbio la continuità dell’azienda se i soci non aprono il portafoglio. È a quel punto che si fa l’accordo «San Raffaele-Soru» . Bilanci «pompati» Il contratto preliminare è del 24 febbraio 2009 (Soru, dimessosi a novembre 2008, ha appena perso le elezioni in Sardegna). Il prezzo per l’ 84%del capitale è di 3 milioni. Pochi mesi dopo, però, la società non vale più nulla, brucia tutto il capitale e rischia di chiudere. Il motivo? Il valore del database, dove sono custoditi 15 mila campioni di dna, cioè il patrimonio di Shar. Gli amministratori scelti da Soru l’avevano valutato 10 milioni in bilancio. Ma quando il San Raffaele assume il controllo si rende conto, facendo fare una perizia, che il valore reale è meno della metà . Cioè i bilanci precedenti erano «pompati» .
Dunque Soru ha incassato 3 milioni per l’ 84%di una società che già non valeva nulla (anche a fronte di un elevato indebitamento). Perché quel «regalo» , per di più a un ex presidente? Poi solo a novembre 2009, con presidente regionale Ugo Cappellacci del Pdl, il grande ospedale di Olbia del San Raffaele otterrà il primo via libera per l’apertura dei reparti da convenzionare con le Asl sarde.
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