«Colpito con una spranga, umiliato con l’urina e lasciato sanguinare»

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CHIOMONTE. Bolzaneto è un mostro che ritorna. Succede quando i peggiori incubi diventano realtà . Non c’è pietà  se sanguini. Anzi, ti gettano urina addosso e ti spaccano il naso con un tubo d’acciaio. E se gridi «basta» si accaniscono ancora di più. Loro sono gli uomini in divisa, i tutori dell’ordine. Lui, quello dell’incubo, è Fabiano Di Berardino, 29 anni bolognese, militante del Tpo e attivista della rete Global Project. Domenica si trovava a manifestare in Val di Susa, è stato massacrato di botte dalle forze dell’ordine ed è attualmente ricoverato al Cto di Torino con fratture a radio e ulna, setto nasale e lividi in tutto il corpo. «Adesso sto meglio» dice con un sorriso che fatica ad aprirsi a causa degli ematomi. «Ero vicino a una recinzione mentre cercavamo di riprenderci la Maddalena. Era un’azione simbolica, ma ci hanno aggredito con violenza. Mi hanno colpito con un lacrimogeno, quando mi hanno preso mi hanno pestato in dieci. Si accanivano senza pietà . Poi, prima di portarmi nel deposito dei gas lacrimogeni e mettermi su una barella, mi hanno sputato in faccia, colpito nei testicoli e continuato a picchiare fino a quando non è arrivato un medico militare. Appena si è girato sono stato colpito sul naso con un tubo di ferro. Mi hanno detto che mi avrebbero ammazzato. Sulla barella hanno continuato a pestarmi. Un agente della Digos li ha invitati a smettere perché c’erano le telecamere. Poi, un dirigente di polizia si è avvicinato e ha fatto spostare la mia barella al sole dicendo che non meritavo di essere soccorso e che dovevo pagare per aver tirato le pietre. E che non mi avrebbe mai portato al pronto soccorso ma direttamente in Questura, dove mi sarebbe aspettato il peggio».
Un ragazzo di nome Davide, volontario della Croce Rossa, si accorge di Fabiano. Lo vede che sta male e perde molto sangue. È lui il suo salvatore. Lo fa portare all’ospedale di Susa, poi con l’elicottero, viste le gravi condizioni, al Cto di Torino. Il racconto di Fabiano è lucido. Non dimentica. Ricorda i particolari, pure gli altri manifestanti pestati. In particolare Gianluca Ferrari, un ragazzo di Padova, ferito e portato in carcere: «Stava malissimo» (i legali chiedono di poterlo incontrare, visto che non hanno più notizie). Di Berardino fa una considerazione, che rimanda a 10 anni fa: «È stato come a Genova, si voleva fare male e spaventare la gente, affinché non scenda più in piazza. Non si può massacrare una persona che chiede pietà , come ho fatto io, perché pensavo di morire. Perdevo litri di sangue e mi hanno lasciato sotto il sole per tre ore. La cosa più umiliante è stato un bicchiere di urina lanciatomi addosso. Questa è la polizia democratica di Maroni».
A fianco del giovane c’è Patrizio Del Bello, collaboratore dell’avvocato Simone Sabatini del foro di Bologna: «Stiamo raccogliendo le informazioni per valutare cosa fare. Dare un colpo con una mazza di ferro è quasi un tentato omicidio. Denunceremo quello che è accaduto perché non si verifichino più cose del genere in Italia, dove il reparto mobile, la celere, sfugge alle regole democratiche. Questo è il trattamento che ricevono ogni giorno immigrati e tossicodipendenti che non hanno possibilità  di denunciare».


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