«Case e lavoro», torna in piazza l’emergenza per L’Aquila

by Sergio Segio | 8 Luglio 2011 7:13

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  L’AQUILA.  Basta con il commissariamento. Basta con Chiodi, Cicchetti (commissario alla ricostruzione) e Letta: «Incapaci, andatevene». L’Aquila, 27 mesi dopo il terremoto, sbotta che è stufa di «questa gente», «I poteri vengano restituiti agli enti locali». Questo chiedono i cittadini e gli striscioni della nuova mobilitazione promossa dai comitati. Così L’Aquila riporta per strada la propria rabbia, la solleva dalle macerie che fasciano le vie e la urla più che può. Stavolta sott’accusa c’è anche il Comune. La protesta, quella che chiede case e lavoro, comincia da lì. Con un lancio di palloncini pieni d’acqua colorata contro la facciata del municipio, nella sede di Villa Gioia, imbrattata con la scritta «Complici». Complici dell’immobilismo, delle non scelte, della ricostruzione – soprattutto economica e sociale – che non c’è. «Vogliamo riappropriarci del futuro di questa città  e degli altri centri del territorio. Che sono al collasso e sono destinati a morte sicura se non saranno adottate misure efficaci».
Il 7 luglio L’Aquila torna a manifestare. «A un anno esatto dalla giornata delle manganellate nella Capitale, dove andammo a portare i nostri problemi e fummo presi a mazzate». Il corteo si apre con le bandiere neroverdi, con quelle No Tav e dell’Unione degli studenti. E con le cifre del disastro. Quindicimila le abitazioni da ricostruire. E un nugolo di cassaintegrati, di precari, di nuovi poveri. E poi c’è il costo della struttura commissariale nel suo complesso, un carrozzone con commissario delegato, vice commissario, struttura tecnica di missione, struttura di gestione dell’emergenza, consulenti e sottocommissioni varie. «La miseria nel Cratere è alle porte» e dunque sì a una politica programmatica locale, condivisa con la popolazione; sì al sostegno alle aziende e all’occupazione; sì al diritto al lavoro, al diritto a un tetto. Confindustria, Rete Imprese, Ance: sono alcune delle associazioni di categoria che hanno aderito alla contestazione. Quattro ragazzi con un cartello puntualizzano: «Vogliamo una città  a misura dei nostri sogni». In prima fila anche quei cittadini «provvisoriamente» alloggiati presso la caserma Campomizzi e da alcuni giorni finiti sotto sfratto. «Ma noi – tuona una signora bionda – resistiamo. Non sloggiamo, perché non sappiamo dove sistemarci e vivere. Resistiamo, e per questo ci hanno tolto i pasti – eccetto che per anziani e bambini – e i servizi. Siamo uniti in una situazione che si è incancrenita e che continua a mostrare soltanto devastazione».
Il sindaco Massimo Cialente c’è, nonostante il suo piede rotto. Sfila con le fide stampelle e accompagnato da poliziotti. Dice: «La città  è con me, il resto ragazzate». Aggiunge: «Qualcuno deve spiegarci la mole di commissari che ci sono da queste parti. Tra poco ci sarà  un commissario per per ogni cosa…». Sit in davanti al palazzo di vetro della Regione, in via Da Vinci, con lancio anche di uova. Mentre una donna grida da un camioncino: «L’unica grande opera da portare avanti è la ricostruzione dell’Aquila».

 

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