«Basta silenzi, i politici devono agire C’è troppo odio contro gli immigrati»

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BRUXELLES – «Breivik è uno squilibrato, certo. Ma i movimenti populisti e anti integrazione, che creano un clima di odio contro gli immigrati stranieri, stanno guadagnando terreno in diversi Paesi europei. Perciò i capi di governo e di Stato, i leader moderati di centrodestra e centrosinistra, devono alzarsi in piedi e parlare forte. Più forte. È venuta finalmente l’ora di farlo» .
Cecilia Malmstrà¶m, svedese, commissaria europea agli Affari interni, sta trascorrendo qualche giorno di vacanza in un luogo dove si trovava anche venerdì sera, quando l’incubo è calato su Oslo: «Ho sentito la prima notizia alla radio, poi ho cercato subito altre informazioni e non mi sono più staccata dalla televisione. Ero atterrita» .
Dalla figura di Breivik?
«Ancora una volta: quella è una persona molto malata, non è difficile capirlo. È uno che ha preparato la sua azione per tanto tempo, diceva di voler liberare la Norvegia seguendo le idee di una certa estrema destra. Ma ci sono molti altri come lui: che cioè condividono le sue stesse idee intrise di radicalismo xenofobo. Fortunatamente, pochi le traducono poi nei fatti» .
Un eurodeputato italiano, Mario Borghezio della Lega Nord, ha detto che Breivik è uno squilibrato, un folle, ma che certi suoi concetti sulla necessità  di una crociata per difendere i cristiani si possono condividere…
«Conosco la Lega Nord. Non queste dichiarazioni. Ma posso ribadire quello che ho detto: il clima anti immigrazione sta crescendo ovunque, purtroppo. La polizia fa bene il suo mestiere. E i politici condannano tutti la violenza, com’è giusto e naturale fare. Ma tutto ciò non basta, non basta proprio» .
Che cosa ci vuole di più?
«Ecco: bisogna condannare le uccisioni, ma anche spiegare di più i benefici del multiculturalismo, dell’integrazione. Nella quale molti Paesi hanno fallito. Bisogna spiegarli soprattutto ai giovani. Bisogna dire un grande “no”alto e chiaro alle campagne xenofobe. Se non lo si fa, quei gruppi si rafforzano sempre più» .
Accade in Scandinavia più che altrove?
«Può accadere ovunque. Nessun Paese è immune. Neppure la “mia”Svezia. Teoricamente, la Norvegia era esposta su più fronti a sussulti terroristici perché impegnata in Libia e in Afghanistan. Però il pericolo vale per tutti» .
Ma quando parla di leader troppo timidi nel condannare le idee alla Breivik, avrà  pure in mente qualche Paese particolare…
«Guardi, il ventaglio degli esempi in Europa è oggi molto ampio: ci sono Paesi dove l’estrema destra è già  nel governo; altri, in cui al governo è molto vicina; altri ancora, in cui è fuori e tuttavia mantiene una posizione di influenza decisiva, nella politica e nella società » .
Molti dicono che è semplicemente un problema di paura. In certe nazioni, si percepisce come una minaccia culturale ma anche economica l’immigrazione che cresce. A Oslo, c’è chi parla ormai di un 10%di immigrati su meno di 5 milioni di abitanti. E chi dice: prima o poi bisognerà  pur tracciare una linea, un limite…
«No, non si può tracciare una linea. O fissare una percentuale di immigrati da non superare: basta guardare agli Stati Uniti e alla loro storia, per capirlo» .
Ma anche gli Stati Uniti hanno avuto i loro problemi in merito. «In un mondo ideale tutti dovrebbero avere la libertà  di trasferirsi ovunque, senza barriere, ma poi è chiaro che nella realtà  l’immigrazione va gestita: questo spetta però ai singoli Paesi deciderlo, non a Bruxelles» .
 Non pensate a nuove regole, nuove direttive europee?
 «No. Direi che non ce n’è bisogno. Piuttosto, passare subito ai fatti concreti: ogni Stato deve combattere il radicalismo, diffuso soprattutto su Internet; e identificare i giovani che sono a rischio; e pensare a come affrontare al meglio le sfide dell’integrazione» .
Per esempio?
«Noi per esempio, a settembre, lanceremo un network fra istituzioni culturali, religiose e politiche contro la radicalizzazione delle idee. Poi dedicheremo alla lotta alla xenofobia il Consiglio dei ministri europei degli interni, qui a Bruxelles. Ma la cosa più importante è quella detta all’inizio, che parlino forte i capi di Stato e di governo. Anzi, c’è qualcosa di più che possono fare» .
Che cosa?
«Possono dimostrare proprio in questo la loro leadership. Lo dicevo già  a giugno, prima del loro vertice: “Abbiamo bisogno di più solidarietà , tolleranza e responsabilità  nelle politiche migratorie, poi di tradurre questi principi in azioni; e sono certa che i leader proveranno la loro leadership in tempi così difficili”. Oggi, dopo Oslo, è ancor più vero» .


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