L’Antimafia e il poker online «Una patologia per i giovani»

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Facile: un clic e lo schermo s’illumina di assi e di promesse, trova la pokerstar che è in te. Rassicurante: benvenuti sul sito migliore per giocare a poker, dice il faccione familiare di Gigi Buffon. «Dai, saltiamo la presentazione. Entriamo in un sit and go, ti faccio vedere!» , ci dice invece Ludovico. Che è paziente, sì, ma con le carte non si tiene: «Questo non è un divertimento, è ‘na rota» , ridacchia, sedendosi a un tavolino virtuale dove se ne stanno appostati in icona avversari tosti come Storu, Tequi, Giambo Jet, nomi di battaglia con una history da far tremare i polsi a un gambler (sì, una delle dannazioni nell’azzardo 2.0 sono gli anglismi).
Ludovico non ce l’ha, la rota. Per ora si diverte: 24 anni, laurea breve, sogni tenaci, papà  e mamma professionisti, bella casa sul Lungotevere, il calcetto, la Roma, le ragazze, una sconfinata giovinezza. «Ma sono antisistema» , sbotta: e magari il poker c’entra, come l’idea di far quattrini così, tra le pieghe di un precariato senza fine. «Ho cominciato a diciott’anni, dopo due mesi ho vinto diecimila euro a un torneo. Ho pensato: alé. Mi sono tirato dietro gli amici. Qua, se sei bravo, puoi alzare cinquemila al mese» .
Oggi almeno tre milioni di italiani (c’è chi dice cinque) giocano a poker online (e almeno 120 mila sono i patologici, quelli che la rota, la malattia da tossico, ce l’hanno davvero). Nel 2010 ci hanno bruciato più di tre miliardi di euro: affascinati da testimonial come Buffon (o Totti, o Panatta, o Alberto Tomba), ecco ragazzini scatenati con accanto papà  «vecchie volpi del tavolo verde» , casalinghe compulsive, nonni pronti a spararsi la pensione su una coppia d’assi, ma anche manager astuti, scacchisti rubati alla scacchiera, patiti delle sfide d’abilità  che s’imbestialiscono appena uno s’azzarda a definire la loro passionaccia, l’Hold’em texano (sorta di telesina a 52 carte con molta tecnica in più), un «gioco d’azzardo» .
Il modello è un paffuto contabile di Atlanta che nel 2003 puntò 39 dollari a un torneo di Pokerstars. com (versione originaria del sito, ora oscurata in Italia) e arrivò fino a Las Vegas vincendo le Wsop (le World Series of Poker, il mundial delle carte) e portandosi via così due milioni e mezzo di dollari. Si chiamava (all’anagrafe!) Cristopher Moneymaker, che da noi suonerebbe Cristoforo Fabbricasoldi, un predestinato. In America fu il delirio, cui seguirono proibizionismo e inchieste giudiziarie, come sempre fanno gli americani quando scoprono qualcosa che li appassiona troppo. Da noi il primo torneo si disputò il 2 settembre 2008 sulla piattaforma Gioco Digitale e il vincitore si aggiudicò la bellezza di… otto euro e 64 centesimi. Sino ad allora per giocare si emigrava sui siti Usa, anche per questo Moneymaker è leggenda tra i nostri ragazzi. «Mascellone alle Wsop s’è fatto 80 mila dollari!» , racconta ora Ludovico, orgoglioso dell’amico.
Ci infiliamo in un sit and go a sei, tavolo tranquillo, entri con due spiccioli. Ancora per una settimana si gioca solo in «modalità  torneo» , limite massimo 250 euro d’iscrizione. Ma anche così puoi farti male. Un occhio allo schermo del pc ed ecco l’icona di Chucky che compare in cinque tavoli, quella di SpecialMarco in dieci, i limiti alla rovina (la chiamano varianza, quando ti dice sfiga) sono virtuali come tutto il resto. «Poi, per vincere davvero, devi giocare i coin flip, insomma tirare la monetina: vai con un re contro due nove, per esempio, e forzi con un all in, tutto dentro» , dice Ludovico citando, non a caso, la mano che incoronò Moneymaker, «fattore C» allo stato puro. «Trovo estremamente lesivo apparentare il poker al gioco d’azzardo, qui non è Gratta e Vinci, per vincere a Hold’em devi fare duemila calcoli in un minuto e avere… due coglioni di filo spinato» , tuona Mario Adinolfi, ex dirigente pd, giornalista, professionista di poker online e dal vivo.
Adinolfi non è neppure sfiorato dall’idea che per un politico sia inopportuno fare il pokerista: ubbie d’altri tempi. Ma è difficile davvero ridurre a una sola chiave di lettura un fenomeno che contribuisce per un decimo agli incassi del gaming (dalle lotterie ai videopoker, dai bingo alle slot, 72 miliardi di introiti previsti quest’anno) ed è già  così in espansione da incuriosire sociologi, analisti, giornali. L’online spinge verso il live, i tornei dal vivo: partendo dalla tastiera del tuo computer puoi qualificarti per giocare ai tavoli veri, con campioni veri e montepremi seri (il nostro Moneymaker è il sardo Filippo Candio, 26 anni; doveva fare l’avvocato come papà : in due anni, con la benedizione di papà , ha vinto tre milioni di dollari). I tornei dal vivo poi ti catapultano in televisione, e il triangolo perfetto si chiude. In Italia chi l’ha capito in anticipo sono i fratelli Caressa.
Fabio è il mitico telecronista di Sky (il calcio è strano…) e specie all’inizio ha prestato voce e conforto a Maurizio, suo fratello, anima e cuore della tv-totem dei pokeristi italiani, Pokeritalia24. Studi a Roma sulla Salaria, 700 mila contatti auditel al giorno, una partita in onda a qualsiasi ora, da Las Vegas come da Campione, con le incursioni demenziali di Lillo (il socio di Greg) ad alleggerire la tensione e il commento scanzonato di Maurizio: «La tv dà  concretezza, fa sognare gli online… Dicono: ti rovini, c’hai la patologia! Ma pure se ti mangi 50 gelati diventi obeso. Dipende da come usi le cose, vale anche per chi gioca» . Non t u t t i l a vedono così. «L’espressione giusta non è chi gioca, è chi azzarda» , sbuffa lo psicoterapeuta Rolando De Luca, che a Campoformido ha un centro di disintossicazione dalla ludopatia: «Le famiglie sono devastate. Curiamo anche tanti che giocavano online, specie giovani» .
Tasto dolente, i ragazzi. Il Comitato antiriciclaggio dell’Antimafia, presieduto da Luigi Ligotti, Idv, in 70 pagine di relazione sul gaming (ancora riservata, martedì si approva in Commissione) ha scritto che «le norme vigenti e i sistemi di controllo non garantiscono la tutela dei minori» , e che «la prevalenza del gioco patologico tra i giovani è diventato un problema di interesse pubblico» . Ma i soldi veloci hanno anche un’altra controindicazione. «Il gioco è ormai la nuova frontiera della criminalità  organizzata di tipo mafioso» , scrive il Comitato. Si parla di gaming nel suo complesso, ovviamente. Ma per l’online arriva una settimana cruciale. «L’allarme è molto alto» , dice Raffaele Lauro, tostissimo senatore pdl.
Dal 18 luglio si potrà  giocare con la variante dei casinò e soprattutto col cash game (tre miliardi di introiti previsti già  quest’anno): per la prima volta entrano in ballo i soldi veri (cash), mille euro a sessione, possibilità  di bruciare molti quattrini o forse di riciclarne altrettanti. L’Aams, l’autorità  dei Monopoli che controlla il settore, ha drizzato le antenne. «Certo che ci preoccupa il cash game, ma mica è una scelta della nostra amministrazione» , spiega il direttore Antonio Tagliaferri. In tempi di magra, l’Erario la fa da padrone, lo Stato si fa biscazziere.
 «Ormai il gioco è una tassa sui più deboli» , medita Elio Lannutti, Idv, una vita spesa a difendere i consumatori. «Noi cerchiamo di creare ostacoli agli scorretti» , dice Tagliaferri. Ma c’è affanno: «Non siamo idonei a sostenere l’evoluzione del settore» , ha scritto l’Aams al Comitato. «L’amministrazione è rimasta com’era quando ci si occupava di tabacco» , precisa il direttore. Sincerità  lodevole. Se però anche il controllore chiede aiuto, non c’è da stare allegri. Pesa anche qui il venerdì nero americano, con tre società  sotto inchiesta per riciclaggio, frode bancaria e gioco d’azzardo. La sorella italiana di una di esse, Pokerstars, leader del settore, è in realtà  domiciliata a Malta. Perché?
«Scelte fatte a livello internazionale» , glissa Barbara Beltrami, country manager. Ma su Pokerstars, l’Aams ha chiesto a Malta chiarimenti via ambasciata e ha aperto un’istruttoria con la polizia: non è lieve il dubbio che personaggi incappati nella rete Fbi girino anche da queste parti. «Macché, noi siamo in regola con la legge italiana» , replicano i portavoce di Pokerstars. La sorella di un’altra società  inquisita, FullTilt, s’è intanto messa in fila per una delle duecento ambitissime concessioni che i Monopoli stanno rilasciando.
 Anche big come Poste italiane e Mondadori vogliono una fetta della torta che, tuttavia, resta agrodolce. I numeri sono da capogiro. «Ma la gestione di siti in mano a operatori stranieri è un problema» , scrive il Comitato antiriciclaggio. Alle prese con altri numeri nel suo pc, Ludovico può infischiarsene. «Ora apro l’hud» , dice. È in quella schermata che si può scoprire la history dei rivali: la tendenza all’aggressività , ai bluff, agli steal (quante volte si va a «rubare» il buio altrui). Sì, ci vuole più occhio matematico che killer instinct, una distrazione e siamo fuori dalla zona premi: Giambo Jet ci brucia tre K con un colore, roba da fish, da pesci presi all’amo.
 Il padre di Ludovico sogghigna dietro di noi: è cresciuto nel quartiere, gronda bonomia romanesca. Qua una volta c’erano scommettitori assatanati come Er Melanzana o Il Diavolo, immancabili nella sala corse di fronte, racconta. «Un giorno chiusero la sala corse: beh, quelli si misero all’angolo, a puntare sui ragazzini che giocavano a battimuro» . Altri tempi, altre tempre, altre rote. Moneymaker, coi suoi conti da ragioniere dell’azzardo, li avrebbe annoiati dopo due mani, come il marziano di Flaiano.


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