L’Italia brucia, è allarme incendi “In soli sei mesi sono quadruplicati”

by Sergio Segio | 20 Luglio 2011 6:19

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ROMA – L’Italia brucia e non solo sul piano economico o politico. Ma anche nel senso più materiale, quello del territorio e dell’ambiente.
All’inizio della stagione più calda, e perciò a rischio più alto, il segnale di massima allerta arriva dal Corpo forestale dello Stato. Nei primi sei mesi di quest’anno, da gennaio al 15 giugno, gli incendi nei boschi sono aumentati di quattro volte rispetto al corrispondente periodo del 2010: in termini statistici, un incremento impressionante pari al 205,69%, alimentato da una serie di episodi di media entità  più che da grandi roghi. Secondo i calcoli della Fondazione UniVerde, a metà  dell’anno siamo già  oltre i 1.200.
In compenso, è cresciuto parallelamente anche il numero delle persone individuate e denunciate per dolo o per colpa (200%). Mentre si registra un lieve calo di quelle identificate come responsabili di ciascun evento (-1,86% rispetto all’anno scorso e – 10,69% rispetto al primo semestre 2009).
I piromani, insomma, non sono più i “soliti ignoti”. Ma forse sarebbe il caso di chiamarli senz’altro incendiari, criminali del fuoco, terroristi ambientali.
Contro questo esercito clandestino, armato di micce e taniche di benzina, gli uomini della Forestale combattono quotidianamente in prima linea, da un capo all’altro della Penisola. Sta di fatto, però, che – come documentano questi dati allarmanti – oggi si fa più repressione che prevenzione: tant’è che l’incidenza dei cosiddetti “fattori predisponenti”, vale a dire le condizioni meteorologiche e climatiche, rimane relativamente contenuta (18,12% nel 2010 rispetto al 2009 e appena 4,63% nel biennio).
Le spiegazioni in realtà  sono diverse. Innanzitutto, la scure del bilancio statale che provoca anche in questo campo la riduzione dei fondi, dei mezzi disponibili e quindi del personale, in particolare di quello civile composto dalle squadre anti-incendio e dagli operai forestali, oltre che dai volontari.
A questi “tagli” si aggiungono poi quelli agli stanziamenti per i parchi nazionali e regionali, come denuncia in una lettera al ministro dell’Ambiente il suo predecessore Alfonso Pecoraro Scanio, sollecitando una «forte iniziativa» sul territorio a livello nazionale e locale. Con in più l’argomentazione che qui si tratta di risorse naturali irriproducibili da cui dipende l’assetto del territorio, la salvaguardia dell’ambiente e la stessa qualità  dell’aria che respiriamo.
E infine, c’è il dato storico che i roghi nei boschi tendono tradizionalmente ad aumentare ogni tre-quattro anni, dopo un picco di repressione del fenomeno, anche a causa della vegetazione secca e dell’altro materiale che si accumula in mancanza di una regolare manutenzione. Un motivo ulteriore, quindi, per sostenere una più diffusa attività  di prevenzione.
A dieci anni dall’introduzione del reato di “incendio boschivo e tentato incendio” nel nostro Codice penale (articolo 423-bis), la situazione evidentemente non è rassicurante. Fu il governo di centrosinistra presieduto da Giuliano Amato ad approvare il 4 agosto del 2000 con un decreto legge questa modifica, su proposta dell’allora ministro dell’Agricoltura Pecoraro Scanio. E in base alla definizione della fattispecie come “reato di pericolo”, per cui è sufficiente la minaccia e non è necessaria l’offesa, i risultati non sono mancati. Ma ora, in forza dell’emergenza economica, rischiamo di annullare i benefici di una politica ambientale che si estendono anche all’industria del turismo, con pesanti ripercussioni sullo stesso bilancio pubblico.
A fronte di questo allarme, il Corpo forestale dello Stato ha predisposto un piano di contrasto concentrato nelle 24 province più colpite dagli incendi, in particolare al Sud, per intensificare nel periodo cruciale dell’estate la presenza delle sue pattuglie sul territorio, coadiuvate da personale specialistico di Investigatori e Repertatori formato negli ultimi mesi. Il sistema si avvale delle Centrali operative regionali e nazionali del Cfs che fanno capo al numero di emergenza ambientale 1515. Anche noi, cittadini in vacanza e turisti, possiamo partecipare così a questa mobilitazione civile con un semplice colpo di telefono o di telefonino.

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