L’addio di Soros “Restituisco i soldi confesso: ho sbagliato”

by Sergio Segio | 27 Luglio 2011 6:09

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NEW YORK. «Sono ricco solo perché capisco quando sbaglio». A volte George Soros riesce perfino a essere modesto. Di fronte agli elogi per il suo libro Il nuovo paradigma della finanza uscito nel maggio 2008 con una profezia sulla «super-bolla» che stava per scoppiare, si schernì: «Avevo gridato al lupo al lupo tante volte, tre libri nell’arco di vent’anni, solo alla fine il lupo è arrivato». La parola fine, a 81 anni Soros la vuole scrivere davvero. Ha annunciato che chiude il suo hedge fund.
restituirà  il capitale a tutti gli investitori esterni, si limiterà  ad amministrare il patrimonio familiare (una delle massime fortune del pianeta: 14,5 miliardi di dollari). Si ritira dal mestiere che lo ha reso ricco il «trader» più celebre, più ammirato e più odiato del pianeta. Ed anche uno dei filantropi più generosi, capace di donare finora oltre 7 miliardi di dollari. Inviso a tanti critici di sinistra per il suo ruolo di grande burattinaio della speculazione. Stimato, e dagli stessi ambienti!, per l’appoggio prezioso ai dissidenti e ai movimenti democratici di le latitudini. Soros è riuscito ad attirarsi contemporaneamente gli strali del premio Nobel Paul Krugman, maitre-à -penser dei progressisti americani; e quelli di George Bush. Il primo ha coniato addirittura un neologismo, «Soroi» (plurale), per condannare «quegli investitori che non solo muovono capitali per anticipare una crisi valutaria, ma di fatto operano attivamente per scatenare quella crisi, per profitto e per divertimento».
In quanto a Bush, Soros inondò di finanziamenti il suo avversario John Kerry nel tentativo di cacciare il presidente repubblicano dalla Casa Bianca. Il credo democratico e progressista, Soros ce l’ha incollato addosso fin dalla più tenera infanzia: quando da adolescente nella natìa Budapest assiste angosciato alle persecuzioni contro gli ebrei. Emigrato in Inghilterra, studia alla London School of Economics e ha tra i suoi docenti il teorico della «società  aperta» Karl Popper. Fin da giovane ha passione per la teoria matematica pura, e un’abilità  fenomenale nelle applicazioni sui mercati finanziari. La sua fama diventa mondiale nel 1992, quando è «l’uomo capace di spezzare la Banca d’Inghilterra». E’ il primo a capire in quell’anno che Gran Bretagna e Italia non possono reggere dentro il Sistema monetario europeo per il dissesto delle finanze pubbliche e il deficit di competitività . Le sue puntate speculative accelerano i tempi del tracollo di lira e sterlina. Ripete l’exploit nel 1997 quando è il primo ad avvistare – a provocare, diranno i suoi critici – la grande crisi finanziaria del sudest asiatico.
Altre volte prende le sue cantonate: nel 2000 è anche lui fra le vittime del crollo del Nasdaq quando scoppia la prima «bolla di Internet». L’unica battaglia dove non ha mai voluto ammettere sconfitte, è quella in difesa dei diritti umani. Dopo Helmut Kohl forse nessun altro europeo al di qua della cortina di ferro ha svolto un ruolo così importante durante e dopo la caduta del Muro di Berlino. I fondi di Soros sono stati generosi verso tutti i movimenti democratici nell’Europa dell’Est, è sua la più grande donazione privata mai ricevuta nella storia da una università  europea (Budapest). C’è ancora lo zampino della sua fondazione politica, l’Open Society Institute, dietro le «rivoluzioni arancioni» in Georgia e in altre repubbliche ex-sovietiche. Il governo di Pechino lo teme, vede «congiure» di Soros dietro ogni protesta dei dissidenti come la Carta 08. Con filiali in 60 nazioni, e 600 milioni di donazioni all’anno, l’Open Society Institute è presente anche nel mondo arabo dove aiuta la nascita di nuovi partiti democratici. Negli Stati Uniti si è distinto nuovamente come sponsor principale (un milione di dollari) della Proposition 19, il referendum per la liberalizzazione della marijuana in California. Ovviamente è stato uno dei primi a puntare, con dovizia di mezzi, su un certo Barack Obama. Ironia della sorte, è proprio a causa delle riforme finanziarie di Obama che Soros si vede costretto a chiudere il suo hedge fund: troppa trasparenza con le nuove regole, che lo costringerebbero a registrarsi presso la Sec, l’organo di vigilanza. Gli scettici non mancano, però, di fronte a questo pensionamento. Il Wall Street Journal avverte: «Soros ha annunciato il suo ritiro altre volte. A 81 anni, è pronto a tornare sulla scena con un poderoso ruggito. Immaginarselo che cura solo il patrimonio domestico? E’ come se Mike Tyson si desse all’uncinetto».

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