La7 straccia l’accordo con Santoro Lui: «Colossale conflitto di interessi»

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«Un accordo praticamente concluso, annunciato dallo stesso telegiornale dell’editore coinvolto, apprezzato dal mercato con una crescita record del titolo, viene vanificato senza nessuna apprezzabile motivazione editoriale», scrive Santoro in una dichiarazione rilanciata dalle agenzie. E attacca: «Siamo di fronte ad una nuova, eloquente ed inoppugnabile prova dell’esistenza nel nostro Paese di un colossale conflitto di interesse».
Colossale quanto? Che il governo conservi strumenti e authority capaci di intervenire sui destini generali di Telecom, il gruppo proprietario de La 7, è del tutto ovvio. E sulla storia de La7 grava da sempre il sospetto che l’incantesimo che l’ha relegata allo status di «piccola», per audience e investimenti pubblicitari, sia di marca «bulgara», un’altra sofisticata articolazione del conflitto di interessi. Significativo, a questo proposito, il commento a caldo del direttore del tgLa7 Enrico Mentana, il cui successo di audience sembrava aver decretato proprio la fine di quell’incantesimo. «È il momento dell’amarezza», ha detto Mentana, che molto si è speso per avere Santoro in onda sulla 7, «per amore di verità  e per amore di libertà  sarebbe opportuno proprio che La7 spiegasse, se come spero può farlo, che la decisione di rompere, di interrompere le trattative è soltanto sua».
Ufficialmente, i motivi della rottura sarebbero solo ed esclusivamente editoriali. Nessuna divergenza economica, per ammissione dello stesso ad de La7 che ha gestito la trattativa, Giovanni Stella. Ha rivelato ancora Santoro: «Ci sono stati posti gli stessi problemi legali che la Rai pone a Milena Gabanelli e norme contrattuali che noi consideriamo lesive della libertà  degli autori e dei giornalisti». Le questioni in ballo investirebbero quindi la responsabilità  dell’editore in caso di querele e l’eventuale ombrello legale offerto al programma, ma anche i rapporti contrattuali tra la redazione del programma e la struttura della rete. Niente di così insormontabile. Santoro ha rivelato pure che «per non tradire le attese del pubblico, ci siamo impegnati a farci carico delle eventuali conseguenze legali delle nostre trasmissioni, ad autoprodurle e a procedere per gradi, senza un contratto quadro, con una prima serie di undici puntate. In questo modo, sia noi che l’editore, avremmo potuto liberamente valutare l’opportunità  di continuare la collaborazione».
Era pronto ad andare in onda anche in forma provvisoria, e a prodursi da solo il programma – secondo quella che è stata la cifra di Raiperunanotte e Tuttiinpiedi, probabilmente quella più congeniale in questo momento a lui e al suo gruppo di lavoro. La richiama nel finale battagliero della sua dichiarazione: «Sulla scia del successo di Tuttiinpiedi, e con l’aiuto fondamentale del pubblico, dimostreremo presto che un Paese semilibero non ci basta».
La notizia del mancato accordo ha avuto una prima eco (non così comune per un programma tv) in borsa. Il titolo T-Media ha perso ieri, subito dopo l’annuncio, il 3.9%. Era arrivato a guadagnare qualcosa come il 20% all’inizio della trattativa. Ha commentato ancora Santoro: «Non possiamo fornire le prove dell’esistenza di interventi esterni ma parla da solo l’interesse industriale che avrebbe avuto La7 ad ospitare un programma come il nostro nella sua offerta». Non sono mancati, infine, gli echi della politica. Dal centrodestra non si trattiene la soddisfazione, e si ridicolizzano i «capricci del giornalista miliardario». Per Orlando (Idv) «l’editto bulgaro» è ancora in vigore. Giulietti e Vita invitano la Rai a «richiamare Santoro». Curiosamente, il direttore di Raidue Liofreddi si è detto ieri pronto ad «accettare la provocazione di Annozero a un euro a puntata». Detto fatto, messa momentaneamente da parte La7, i riflettori si spostano ora sulle prossime decisioni del cda Rai. Annunziata va via
Altra fuga dalla Rai. La conduttrice si è dimessa accusando la Terza Rete di «piccole mafie, rapporti non chiari, privilegi non per merito»


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