by Sergio Segio | 30 Luglio 2011 7:11
NAPOLI.In viaggio verso lo Stir di Tufino, l’impianto per la tritovagliatura dei rifiuti, si discute della discarica di Chiaiano. Lo sversatoio partenopeo è saturo, doveva chiudere a fine giugno, adesso arrivano appena sei camion al giorno. Ad animare il confronto il consigliere comunale Pietro Rinaldi, eletto con la lista civica Napoli è tua, e una compagine di rappresentanti della rete Commons! Sono loro a raccontare che per conferire l’immondizia, nei mesi scorsi, gli autocompattatori venivano issati sulla collina con i cavi di metallo. Adesso hanno aperto una grande arteria che arriva direttamente sulla cima. Segno che ci si attrezza per allungarne la vita, nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore, si studia il modo di allargarsi a qualche cava attigua. Arrivati allo svincolo per l’impianto di Tufino la puzza ti colpisce come un pugno allo stomaco. Alle undici ci sono una decina di camion in coda per sversare, a terra un rigagnolo nero che scorre lungo le ruote dei mezzi in attesa. Il gruppo è in visita ufficiale: raccoglie informazioni da discutere poi in consiglio comunale.
Si tratta di un ex impianto di Cdr (combustibile da rifiuto), costruito dalla Fibe-Impregilo per produrre ecoballe da bruciare nel termovalorizzatore di Acerra. Finito sotto sequestro, è stato gestito prima dalla Protezione civile (nel periodo in cui Guido Bertolaso è stato commissario straordinario ai rifiuti) poi affidato per 11 mesi ad Asìa, la società 100% del comune di Napoli, infine nel 2010 è subentrata la provincia con SapNa. Dei 3 Stir del napoletano è quello messo meglio perché, dissequestrato dalla magistratura per ultimo, ha subito stress minori. All’ingresso gli autocompattatori passano da un rilevatore di radioattività e poi si avviano alla cosiddetta fossa. Un girone infernale di immondizia. Per verificare se i camion portano carichi non a norma, c’è un tecnico sul ciglio che assiste allo sversamento. Le procedure si bloccano solo in presenza di violazioni evidenti: qualche giorno fa, spiegano, hanno rimandato indietro un mezzo proveniente da Bacoli pieno di mitili, in altri casi si tratta di mobili o pneumatici, ma tante altre cose si potrebbero nascondere tra i sacchetti putrescenti. Controlli più accurati avvengono solo a campione, ogni 15, 20 camion. Dopo un minuto accanto alla fossa io non riesco più a respirare col naso. I lavoratori (una settantina su 4 turni 24 ore su 24) si aggirano senza maschere: «Ci si abitua», ripetono. Nel gruppo in visita qualcuno ha portato salviette imbevute per smorzare l’odore, a tutti si annoda lo stomaco. Se il conferimento procede senza intoppi, Tufino smaltisce circa 1.500 tonnellate al giorno, più che sufficiente ad esempio ad assorbire l’immondizia di Napoli (circa 1.250 tonnellate), che invece i flussi regionali mandano in giro per i differenti impianti.
Tre enormi polpi meccanici pescano l’immondizia e l’avviano al vaglio su nastri trasportatori. Due vagli, il più stretto da 60millimetri, separano ferro (mandato a riciclo), plastica e umido. La plastica triturata finisce ad Acerra se l’impianto può smaltirla, se non c’è disponibilità allora la si impacchetta e la si lascia a deposito nello Stir oppure nella piazzola del Pantano, accanto al termovalorizzatore. L’umido invece viene trasformato in Frazione umida trattata e poi stabilizzata. Non è compost perché basta buttare un occhio nei capannoni per vedere che è piena di plastica, che si riconosce a occhio nudo, e di chi lo sa cos’altro. Assorbenti, tubetti di dentifricio, tappi, palline, confezioni di cioccolata, persino un calzino antiscivolo rosa con i pupazzetti, nella Fut c’è di tutto. Certo, viene passata attraverso un ultimo vaglio di 25 millimetri, il trattamento aerobico ad alte temperature (21 giorni) elimina tutta l’acqua, scongiura la formazione del terribile percolato e ne riduce del 35% il volume, ma alla fine quello che resta è una materia terrosa mista a plastica e altro, solo un po’ più piccola. E ancora si riconoscono, ad esempio, tappi di bottiglie e di pennarelli, brandelli di forchette e cannucce da cocktail. Che fine fa la Futs? Potrebbe essere utilizzata per la ricomposizione delle cave, spiega l’ingegnere che ci accompagna, cave comunque impermeabilizzate perché il prodotto non è certo naturale, ma la regione Campania non ha legiferato in merito. Così per smaltirla bisogna inviarla in discarica, attualmente finisce a San Tammaro o nei viaggi verso la Liguria, Toscana ed Emilia. Se ci fosse la separazione a monte dell’umido dal secco, potrebbe diventare compost con cui fertilizzare i campi. Ma così le ditte dei trasporti e le società che gestiscono gli sversatoi avrebbero una contrazione al portafoglio. Come terreno di copertura per le discariche invece non si può usare, assicura l’ingegnere, perché ha un codice assolutamente non adatto. L’impianto funziona al 60, 70% perché l’accumulo di frazione umida, che spesso non si sa dove inviare, blocca la lavorazione.
Per arrivare allo Stir di Giugliano, all’interno della zona Asi, bisogna attraversa svincoli costeggiati da discariche abusive di sacchetti abbandonati. Quando la strada lo consente, in pieno giorno, sostano le prostitute in attesa di clienti. Alle quattordici i camion in coda sono quasi una ventina e la puzza ti aggredisce con più violenza. Anche qui rivoli neri scorrono sotto gli autocompattatori. Anche qui i lavoratori sono a volto scoperto. Per entrare, a Giugliano come a Tufino, bisogna passare il vaglio dei militari che presidiano l’ingresso, dentro però gli uomini in mimetica non si vedono. I tecnici ci danno delle mascherine che accettiamo di corsa perché lo stomaco è già molto provato. La prima impressione è nettamente peggiore. Lo Stir (che ha avuto lo stesso percorso di passaggi di mano, con un tempo inferiore all’Asìa) ha sopportato più a lungo il peso della crisi e, rispetto all’altro, ha un’aria molto fatiscente. A Tufino, grazie al periodo di sequestro più lungo, è stato possibile ripristinare il ciclo per la stabilizzazione della Fut, a Giugliano non è possibile perché l’impianto è intasato dai continui arrivi di immondizia, un meccanismo che si era già bloccato ai tempi della Fibe. Qui sono più “aperti” sullo smaltimento finale dell’umido stabilizzato: «Miscelato con terreno si potrebbe usare come copertura nelle discariche – ci dicono – è che le popolazioni non lo vogliono». Le popolazioni sanno che tutto quello che non è stabilizzato produce gas e un odore che ti aggredisce fin dentro casa. Quello che esce da Giugliano, comunque, non è utilizzabile. Si tratta di quella frazione umida che anche le altre regioni preferirebbero non smaltire. Nel primo capannone che visitiamo, dopo la fossa, ci sono addirittura i gabbiani che banchettano sui cumuli di immondizia, reduce dal primo vaglio. Al buio si sentono solo i loro inquietanti versi, mentre sul tetto si riposano in lunghe file. Chi lo sa se sono gli stessi che poi volano sulla costa, aggirandosi tra i bagnanti, a pochi chilometri da lì. Dall’esterno una delle condotte in cui passano i rifiuti è corrosa dalla ruggine, dal foro vola immondizia polverizzata che si sparge per i piazzali. A Tufino, davanti i capannoni, ci sono ventole che nebulizzano acqua e sostanze profumate per attutire i cattivi odori, a Giugliano ci affidiamo alle nostre mascherine evitando con cura di inalare dal naso.
Un capannone è pieno di rifiuti trattati e lasciati in giacenza dal 2009, di fronte ci sono due camion Asìa, uno della ditta subappaltatrice Lavajet e uno inviato dal comune di Milano. Sono fermi perché i rilevatori hanno trovato tracce di radioattività nel carico. In un altro capannone c’è materiale secco in giacenza dal 2010: in attesa di essere smaltito ad Acerra, le lucertole scorrazzano tra i cumuli, la parete divisoria sembra corrosa oppure non è una parete divisoria ma solo immondizia che si è mummificata lasciando dei varchi. Un altro deposito è andata a fuoco tempo fa, adesso serve a stoccare ruspe rotte, armadietti, materiale di risulta che i tecnici a volte usano per riparare qualche piccolo guasto. In giacenza, secondo fonti Asìa, ci sono 15mila tonnellate di rifiuti, in una stratificazione che potrebbe arrivare addirittura al 2006. A Tufino le tonnellate dovrebbero essere 10mila. Quando si chiede la conversione delle attuali strutture in impianti per il Trattamento meccanico manuale, la risposta spesso è che, dopo il vaglio meccanico, separare i rifiuti attraverso gli operatori è disumano. Ma girare per gli Stir non è certo un pranzo di gala: a fine giornata gli occhi e la gola bruciano e lo stomaco urla vendetta.
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Napoli/ UN PIANO SENZA SOSTEGNO DEL GOVERNO
Prestigiacomo da De Magistris senza fondi per la differenziata
NAPOLI
Il ministro Stefania Prestigiacomo è volata ieri a Napoli. Il primo di molti altri incontri, assicura, comincia direttamente a casa del sindaco Luigi de Magistris: in sala Giunta foto di rito con il primo cittadino, il vicesindaco, il presidente del Conai e quello di Asia. «Su una cosa io e de Magistris siamo stati d’accordo sin dall’inizio: basta con le emergenze» dichiara il ministro. Poi assicura: «Qui si respira un’aria nuova». Due parole sulla differenziata porta a porta e poi tutti di corsa in prefettura, dove il governatore Caldoro e il presidente della Provincia Cesaro attendono, mentre il gruppo in arrivo da Palazzo San Giacomo si ferma per un caffè al Gambrinus.
Ma la visita a Napoli cosa produce? La Prestigiacomo mette subito le mani avanti: per il 2011 fondi al ministero non ce ne sono, bisognerà aspettare il 2012 e sparare di esserci ancora a Roma. In quel caso dei 10 milioni di euro per la differenziata «una quota significativa sarà destinata a Napoli» assicura. Per arrivare l’anno prossimo a 500mila partenopei serviti dal porta a porta (obiettivo 68% di differenziata) si dovrà fare conto sui 9 milioni di euro fermi nelle casse regionali e sul sostegno del Conai, che non dà un budget preciso. Poi tutti in posa per la firma del Protocollo d’intesa. Un documento a cui i partecipanti hanno cominciato a lavorare dall’incontro di martedì scorso a Roma. Nessun accenno al termovalorizzatore di Napoli est, inutile rovinare il clima cordiale con de Magistris, che non ne vuole sentire parlare, o far indispettire il governatore e gli amici della Lega, che premono per avviare l’opera. «Pende un ricorso al Tar – spiega la Prestigiacomo – attendiamo l’esito e poi se ne discute».
Nel piano per rendere autonoma la provincia di Napoli novità non se ne vedono. Raccolta differenziata, che del resto è un impegno di legge, e conversione delle cave abbandonate o dismesse in discariche, ma se si riesce a convincere comuni e popolazioni, magari per imbottirle di «compost fuori specifica». Cioè la Frazione umida stabilizzata prodotta dagli Stir, un materiale terroso pieno di impurità e soprattutto di plastica che, a detta dei tecnici, può finire in cava solo se la cava viene impermeabilizzata. Per produrre la Futs si metterà mano di nuovo agli impianti di Tufino e Giugliano, che prima andrebbero liberati dall’immondizia arretrata però. Nel testo anche il via libera ai rifiuti napoletani per lo smaltimento extra nazione, eventuale approdo per ora ancora top secret.
Lunedì, intanto, arriverà in Procura l’esposto denuncia sul geyser di percolato esploso giovedì mattina nella discarica di Chiaiano, il video sarà consegnato anche al Noe dei carabinieri. «Abbiamo a che fare con enti e gestori il cui curriculum la dice lunga – spiega Antonio Musella, portavoce dei comitati – Le inchieste sul presidente della provincia le conosciamo tutti, la Ibi che ha costruito e gestito la discarica ha avuto l’interdittiva antimafia e su Sap Na mi pare che il primo presidente fosse Corrado Catenacci, finito nell’inchieste sullo smaltimento del percolato».
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2011/07/la-monnezza-nascosta-degli-stir/
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